Luciano di Samosata, Dialoghi delle cortigiane, Dialogo n. 5.
Luciano di Samosata (in greco antico: Λουκιανός ὁ Σαμοσατεύς) nacque a Samosata (ora Samsat, Turchia sudorientale) nel 120 circa e morì ad Atene tra il 180 e il 192. Scrittore, retore e filosofo celebre per la sua arguzia e per la forte irriverenza dei suoi corrosivi scritti satirici. [vedi Wikipedia]. I Dialoghi delle cortigiane (in greco antico: Ἑταιρικοὶ διάλογοι) sono una raccolta di quindici brani in forma dialogica con protagoniste per lopiù prostitute e cortigiane varie (conosciute rispettivamente, nel mondo greco, come pornai e hetairai), scritti nel II secolo. Fanno parte di una raccolta comprendenti i Dialoghi dei morti, i Dialoghi marini ed i Dialoghi degli dei. [vedi Wikipedia].
Il testo originale in greco è stato cortesemente fornito dalla prof.ssa Elena Rossi Linguanti.
- La traduzione dal greco in italiano di Luigi Settembrini (1862) si trova su Wikisource
- La traduzione dal greco in italiano di Lorenzo Gallo, tratta dal sito di Giovanni Dall’Orto.
Commento del traduttore:
Luciano di Samosata mette in scena due cortigiane, Clonario e Leena, che con grande ingenuità (forse un po’ troppa, visto il mestiere), si scambiano confidenze su un’orgia lesbica descritta con un certo compiacimento e quel pizzico di moralismo destinato (secondo l’autore) a renderla più interessante. Per noi è un prezioso documento sulla vita quotidiana di queste etairistriai (“compagnacce”) di cui non si sa certo abbastanza: per esempio, che tipo di rapporto sessuale sia qui descritto.
Commento di Giovanni Dall’Orto:
Oltre a quanto sottolineato dal traduttore, è interessante notare come Luciano fosse perfettamente in grado di concepire e descrivere il concetto di “psiche maschile in corpo femminile”, cioè quello da cui sarebbe partito Karl Heinrich Ulrichs per lanciare il suo concetto di uranismo nel XIX secolo. La maliziosa invocazione di Afrodite Urania, contenuta nel testo, indica la fonte di tale tesi: il Simposio di Platone. In altre parole non è vero che, come si dice oggi, l’Ottocento abbia “inventato” un’entità socio-sessuale inedita nella storia, l'”omosessuale”; al contrario è palese fin nella terminologia usata da Ulrichs il richiamo alla concezione greco-antica di un ghénos (“razza, genere, tipo di persone”) attratto dal proprio sesso. Interessante è anche il legame lesbo-lesbismo, che nell’antichità è raro (lesbiàzein in greco significava “praticare il coito orale”) ma non assente (appare per esempio in Ovidio). Quanto alle pratiche sessuali, è palese che il comportamento di Megillo è qui descritto in ottica puramente maschile… ma questo era scontato.
Clonario: Ho sentito una novità su di te, Leena: che Megilla di Lesbo, la riccona, ti ama come un uomo e che vi congiungete facendo non so cosa l’una con l’altra. Come? Arrossisci? Dài, dimmi se è la verità!
Leena: E vero, Clonario: ma mi vergogno, perché è una cosa strana.
Clonario: Per la dea nutrice, ma che roba è questa, cosa vuole quella donna? Cosa fate, come vi congiungete? Vedi? Non mi vuoi bene, sennò non me lo nasconderesti.
Leena: Ma ti voglio bene, più di ogni altra! Ebbene, questa donna è terribilmente virile.
Clonario: Non capisco che vuoi dire, sarà mica una “compagnaccia”? Dicono che ci sono donne del genere a Lesbo che sembrano maschi, che non vogliono essere toccate dagli uomini ma si avvicinano alle donne come fossero uomini.
Leena: È proprio questo!
Clonario: Dunque, Leena, raccontamelo proprio, come hai provato la prima volta, come ti sei fatta convincere e il resto!
Leena: Quella, insieme a Demonassa di Corinto, ricca pure quella e della stessa razza di Megilla, dopo aver organizzato una bevuta, mi ha invitato a suonare la cetra per loro. Dopo che ebbi suonato, ed era già tardi – ora di andare a dormire, e ancora si ubriacavano – Megilla dice: “Su Leena, è bene mettersi a dormire, coricati qui tra di noi”.
Clonario: Ti sei coricata? E dopo che è successo?
Leena: Dapprima mi baciavano come gli uomini, non solo accostando le labbra, ma aprendo la bocca, e mi stringevano e mi toccavano le tette. Demonassa intanto mi dava anche morsi, baciandomi; io non riuscivo a figurarmi come stesse la faccenda. Dopo un po’, Megilla – che si era già scaldata – si è tolta la parrucca: sembrava proprio vera! E si è mostrata com’era sotto, tutta rapata come gli atleti più virili; e io mi sono spaventata a vederla! E lei mi fa: “Leena, hai mai visto un ragazzo così bello?”. Ho risposto: “Ma non vedo ragazzi, Megilla!”. “Non ti sbagliare su di me, infatti sono detta Megillo ed è tanto tempo che ho sposato Demonassa, che è mia moglie”. Allora ho sorriso, Clonario, e ho detto: “Dunque, Megillo, sei un uomo e mi hai ingannata, come Achille nascosto tra le vergini, e hai il coso dei maschi e ti fai Demonassa come gli uomini?”. Lei mi fa: “Quello non ce l’ho, Leena; ma non ce n’ho bisogno: vedrai che ti farò una cosa che ti piace ancora di più”. “Ma non sarai mica un ermafrodito”, le ho detto, “di cui dicono che ce ne sono molti, che hanno tutt’e due le cose?”. Non avevo ancora capito la situazione, Clonario. “No – mi fa – ma sono uomo in tutto e per tutto”. Dopo aver sentito questo, ho detto: “Ho sentito da una flautista di Beozia una storiella di quelle che si raccontano davanti al fuoco, che a Tebe uno divenne uomo da donna che era, un grandissimo indovino, credo, di nome Tiresia. Forse ti è capitato qualcosa del genere?”. “Ma no, Leena! sono nata uguale a voi, ma il pensiero, il desiderio e tutto il resto sono da uomo”. “E ti basta, il desiderio?”. “Stacci se non ci credi, Leena, e ti accorgerai che non ho nulla in meno degli uomini. Infatti ho una cosa, al posto dell’affare che hanno loro. Stacci dunque, e vedrai”. E insomma ci sono stata, Clonario, ma dopo essermi fatta pregare tanto, e dopo aver ricevuto una collana delle più care e vesti fini. Così l’ho stretta come un uomo, e quella si dava da fare, e mi baciava, e ansimava e sembrava godesse da morire!”
Clonario: “Ma cosa faceva, Leena, e in che modo? È questo che voglio sapere!”.
Leena: Non chiedermi i dettagli, sono davvero zozzi. Al punto che – per Afrodite Urania! – mi sa che non te li racconto.