1877, Monsignor Bouvier – Venere ed Imene al Tribunale della Penitenza

Monsignor Bouvier, vescovo di Mans [Bouvier, Jean Baptiste, 1783-1854], 1877. «Della Sodomia», in: Venere ed Imene al Tribunale della Penitenza. Manuale dei confessori. Traduzione dal latino di O[svaldo] Gnocchi Viani. Livorno: U. Bastogi.

[div class=”doc” class2=”typo-icon”]Originale della trascrizione a cura del progetto Gutemberg allo http://www.gutenberg.org/files/16920/16920-8.txt basata sull’edizione anastatica dell’edizione di Roma (1885) pubblicata da U. Bastogi Editore, Livorno nel 1974. Quella del 1877, per i tipi di Francesco Capaccini editore, Roma, sembrerebbe la prima italiana. Pare che il libro fosse stato scomunicato e interdetto ai cristiani con decreto del S. Uffizio del 19 gennaio 1877; nonostante questo fu ripubblicato più volte, l’ultima nel 1999.[/div]

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ARTICOLO II.–Della sodomia.
–Quella mostruosa nequizia, che prende il nome dagli abitanti della città di Sodoma, è così definita da S.Tommaso, 2, 2, q. 154, art. II: Accoppiamento carnale, usando indebitamente del sesso, come fra uomo e uomo, fra donna e donna.

La enormezza di questa iniquità è potente:
1. Per l’orrore che eccita universalmente;
2. Per la sua deformità, vera e manifesta;
3. Per le punizioni inaudite, inflitte da Dio alle cinque città insozzate da questa contaminazione (Gen., cap. 19);
4. Per l’epistola di S. Paolo ai Romani, l. 18 e seg., che dice, essere stati dati in balìa i Pagani a passioni ignominiose, ad azioni sconvenienti, a brame ardenti, tra femmine e femmine, tra maschi e maschi, in punizione della loro superbia;
5. Per le gravi pene decretate nel Diritto canonico, e specialmente nella bolla Horrendum illud scelus di Pio V contro i preti sodomi;
6. Per lo zelo veemente con cui tutti i santi Padri della Chiesa inveirono contro questo delitto.– S. Ciro, nell’omelia 14, epist. ai Rom., fulmina i sodomiti colla sua eloquenza, e prova essere essi assai più bruti dei cani.

Non importa sapere ove avvenga il contatto venereo fra maschi o fra femmine, se cioè nelle parti davanti o nelle parti di dietro, o in qualsiasi altro posto del corpo, imperocchè la peccaminosità della sodomia consiste nella voglia di usare indebitamente del sesso, e, generalmente, è compiuta, per esempio, coll’applicazione della propria parte genitale al corpo di persona di eguale sesso, giacendo assieme come se si trattasse di far un accoppiamento carnale. Perciò non si reputa sodomia, perchè non vi sarebbe concubito, la semplice applicazione delle mani, dei piedi o della bocca alla parte genitale
dell’altro, benchè avvenge la polluzione nell’una e nell’altra persona.

La sodomia implica la malizia che è nell’adulterio, nell’incesto, nel sacrilegio, secondo che i sodomiti sieno coniugi, consanguinei, affini, o consacrati a Dio.

Non pochi teologi dicono che il penitente è tenuto a dichiarare se nell’atto della sodomia è stato attivo o passivo, perchè altro è lasciarsi volontariamente sodomitare, altro è prender parte attiva alla sodomia in altrui. Nel caso poi dell’uomo, passivo–e della donna, attiva, lo invertimento della natura sarebbe ancor più grave. Molti autori però, con maggior probabilità, negano essere necessaria la dichiarazione di queste particolarità essendo sufficentemente indicata la qualità del peccato dalla semplice confessione del fatto. Così pensa puranco il P. Concina, non sospetto di soverchia indulgenza. Siccome in questa materia è convenientissimo evitare le questioni superflue, così noi ci asteniamo sempre da simili interrogazioni.

V’ha una specie di sodomia, che può accadere anche fra persone di sesso diverso, quando il commercio carnale avviene all’infuori dell’accoppiamento delle parti genitali, per esempio, quando si mettono in opera la parte deretana, la bocca, le mammelle, le coscie, ecc. Benchè questo genere d’infamia non sia punito egualmente come la sodomia propriamente detta, è certo ch’esso è sempre una grande ignominia contro natura.

Nella nostra diocesi entrambe codeste sodomie, ancorchè non consumate, ma solo tentate con qualche atto che condurrebbe ad esse, è un caso riservato.

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