Guglielmo Cantarano, 1883. «Contribuzione alla casuistica dell’inversione dell’istinto sessuale», La psichiatria, la neuropatologia e le scienze affini, vol. 1, fascicolo 3, pp. 201-216. Trascritto da “Jill” il 3 marzo 2006.
* * *
*
[inizio pag. 201]
CONTRIBUZIONE ALLA CASUISTICA
DELLA INVERSIONE DELL’ISTINTO SESSUALE
pel Dott. G. CANTARANO
Pubblico la seguente istoria, perchè la casuistica della inversione dell’istinto sessuale è ancora ristretta, e perché, la osservazione, che qui riporto, mi pare che abbia qualche cosa di speciale.
Per non annoiare, rifacendo lavoro già fatto, rimando per tutto quello che riguarda la parte bibliografica alla monografia del Prof. Tamassia (1), a quella dello Charcot e Magnan (2) ed alla rivista delle più recenti pubblicazioni sul soggetto fatta da Bianchi e da me nel numero precedente di questo giornale.
Premetto qui qualche nozione sull’argomento.
La inversione dello istinto sessuale comprende quella anomalia psichica ed istintuale, per la quale l’individuo di un dato sesso, sente gli attributi intellettuali ed istintivi del sesso opposto, ed è spinto ad amare persone del proprio sesso, avendo ripulsa o indifferenza verso gl’individui di sesso contrario.
Questo disturbo si può riscontrare unito a diverse forme di pazzia ed allora è transitorio. In questo caso è abitualmente invertita anche la coscienza della propria personalità e forse molte volte questa condizione è essa stessa la causa del prevertito [sic] sentimento sessuale.
Altra volta la inversione si presenta in persone apparentemente sane di mente, e nelle quali solo l’alienista scrupoloso trova lo squilibrio tra le diverse facoltà intellettive, o il troppo predominio su di esse dei sentimenti e degl’istinti, o il pervertimento di alcune tendenze, o la eredità morbosa diretta o trasformata. Questi non sono i pazzi riconosciuti da tutti, ma neppure sono individui con la giusta armonia [inizio pag. 202]necessaria tra, tutte le loro facoltà. In essi però la coscienza della propria personalità è conservata, e nasce quindi il tremendo dualismo tra la propria riconosciuta organizzazione e le tendenze sessuali opposte e contraddicenti ad essa. Il sentimento sessuale invertito in questa seconda categoria di pazienti per l’ordinario è congenito ed immanente. Questo pervertimento istintuale si esplica con le istesse modalità che accompagnano l’amore normale questo difatti nel suo primo sbocciare può appagarsi della mutua corrispondenza passionata senza azione sessuale di sorta. In quel periodo della prima gioventù l’amore di un velo candidissimo adornato riposa in grembo a Venere celeste. Più spesso però, con ideale diversamente preponderante, entra il secondo elemento necessariissimo alla esplicazione intera del sentimento: il desiderio dell’amplesso con la persona amata. Altra volta l’ideale non si affaccia per nulla e la sensualità sola domina la scena dando il semplice brutale appagamento dell’istinto.
Non altrimenti avviene nei pazienti con inversione del senso genitale. In essi il pervertimento si arresta spesso nei confini della contemplazione platonica, o trova appagamento negli abbracciamenti della persona amata, o trascorre senza idealità di sorta nel feroce godimento della vittima spesso malmenata e maltrattata e prima e dopo il carnale barbaro insulto.
Alla categoria delle inversioni congenite ed immanenti dell’istinto sessuale, nella quale sia giustamente armonizzato l’idealità dell’affetto con l’amplesso della persona prediletta appartiene la istoria seguente.
È una giovane a 20 anni che chiamerò X.
Dalle notizie fornite da suo padre si può dedurre che nella famiglia tra gli ascendenti non vi siano stati casi di pazzia, nè di disturbi nervosi, che avessero richiamata l’attenzione volgare. La X è figlia del secondo letto, con la prima moglie suo padre non ebbi figli, essendo essa morta di tisi pulmonare; con la seconda, sorella della prima, nacquero sette figli, quattro femmine e tre maschi. Una delle prime giovanetta morì tisica, altre due sono maritate e buone madri di famiglia. Dei maschi uno è [inizio pag. 203] dedito alla deboscia: spesso giovanetto rientrava a casa nelle ore inoltrate della notte, sicchè il padre fu una volta costretto a farnelo rimanere di fuori. L’indomani il figlio fece fagotto del suo e di quanto potè del padre e per un pezzo non si curò più della famiglia. Quattro anni indietro la madre della X morì anche lei di tisi polmonare. Il padre vive in casa di signori ed è ben visto dai suoi padroni.
La X è nata a termine, nè pare che durante la gravidanza vi siano state emozioni straordinarie nella madre.
Sino dagli anni infantili la inferma richiamò sul suo carattere l’attenzione dei genitori: eccessivamente capricciosa, spesso senza ragione lacerava o gettava per terra tutto ciò le capitasse per mano. Tuttora bambina scappò sovente dalla casa paterna; raccattata dal vicinato, si riconsegnava lacera e male andata ai genitori, appena che si sapesse delle loro ricerche.
Ad otto anni fu mandata a scuola, ne cambiò diverse senza che in nessuna avesse mai imparato a leggere fu sempre la più impertinente ed arrogante delle allieve, abbandonava molte volte senza ragione la scuola lasciandovi libri, merenda e tutto quello che aveva portato con se.
Cresciuta ancora in età la tendenza a gironzare per le vie crebbe in lei ancora maggiormente, il suo corpo aveva già apparenti i contorni femminei e lei non si peritava di rimanersene le notti fuori di casa, facendosi cogliere dal sonno ora sotto un portico, ora su di una scalinata di chiesa. Viveva accattonando e, quando il mestiere non rendeva, appostava il padre e gli chiedeva di che campare.
Un filantropo ne prese cura e col permesso del padre la chiuse in un ritiro, in cui le regole troppo strette e la vigilanza ben fatta, non adattandosi al carattere della inferma, fecero sì che essa insistesse per essere chiusa altrove.
Da quel primo passò in altro ritiro ove si accolgono fanciulle pericolanti o pericolate e ravvedute. Presso le compagne di questo ricovero si trovano le prime notizie delle regole mestruali della X, ed a quanto pare sarebbero comparse verso il quindicesimo anno di età.
Sino dal principio fu ben voluta dalle sue compagne sulle quali prese presto molt’ascendenza, ed anche le superiori le usavano [inizio pag. 204] deferenza permettendole delle scapataggini non escluso il fumo. Prese ivi affetto grandissimo ad una tale Rosina, giovanetta dai capelli neri, dal seno procace, dagli occhi voluttuosi e dall’aspetto lascivo; dalla prostituzione passata al ravvedimento. Le relazioni divennero subito più che intime, riuscirono dapprima a dormire nell’istessa camera, e ben presto per qualche ora nell’istesso letto.
Io ho avuto l’opportunità di scrutare i più minuti particolari di questo connubbio; poiché la Rosina, ritornata in prostituzione, fu da me diverse volte curata nel sifilicomio. Quando mi bisognò di vederla per le informazioni sulla inferma, essa si fece un pregio di svelarmi, dapprima titubante, ma poi minutamente, la verità nuda e cruda con linguaggio anche più vero di quello che avrebbe fatto una delle protagoniste di Emilio Zola.
Quel ricovero è formato di diverse larghe camere, in ognuna delle quali sono da sei ad otto letti ad un sol posto. La X adunque la notte, appena fosse ben sicura che le sue camerate tutte dormissero intrepidamente si alzava, smorzava il lume ed ascendeva al talamo. La Rosina, come donna che aspetti l’amplesso, sentiva nella soprastante amica voglie, azioni e voluttà da uomo, cui solo mancasse 1’organo copulatore.
Questa leggiadra etèra fu la prediletta ma non la sola amica della X, quasi tutte le più figliuole del ritiro furono troppo deboli con lei infida e volubile, che a guisa di ape or dall’uno or dall’altro fiore suggeva il dolce miele. La troppo condiscenza usata alla X fece anche malignare sulle proposte a quello ospizio; ma questa, che con abitudine d’antico libertino si vantava di ogni sua conquista, tacque di ogni relazione con quelle. Fu sospetto calunnioso, o fu ritegno di confessarsi amante di donna nella quale l’antica freschezza si era già cambiata in due rughe? A me non preme indagarlo, perché superfluo: è però certo che nel carnevale del 1881, nonostante le regole di questi luoghi, si permise che la X fosse rimasta per quattro giorni vestita da uomo, facendo il D. Giovanni tra tante donne, cui la reminiscenza degli antichi piaceri faceva più ambìto novello amplesso o in simulacro almeno.
La X godeva e pagava: un piccolo assegno settimanale fattolo dal padre, e quello che lei guadagnava facendo guanti o cucendo [inizio pag. 205] per commissione di sarti da uomo, era tutto speso per far regalo alla Rosina o manicaretti più saporiti alle sue predilette. Pretendeva in compenso la fedeltà. Gelosissima degli uomini, non permetteva che si parlasse di amore per quelli, più volte minacciò di picchiare e di sfregiare la Rosina s’essa fosse tornata a procurarsi l’innamorato. Confessava di non aver mai avuto nè di aver trasporto pel sesso opposto, era dolente di essere nata donna, e come tale di aver menata vita tanto dissimile dalle sue sorelle, di cui avrebbe voluto imitare le virtù. Sentiva forte avversione pel matrimonio e s’irritava se la conversazione cadesse su questo soggetto, come spesso avveniva tra quelle rinchiuse, le quali solo maritandosi potevano uscir libere senza essere ricondotte bon gré mal gré alla prostituzione. Lo diceva alla Rosina che a lei piacevano solo le donne, e che in presenza di una bella giovane, alla vista di un seno ignudo e di altre parti muliebri scoperte a caso sentivasi voltar la testa, farlese la pelle d’oca e tremar da cima a piedi irresestibilmente spinta ad abbracciare, a stringere, a godere.
Poco meno di un’anno indietro la Rosina, stanca di clausura e di eccitamento artificiale, abbandonò il ritiro tornando ad iscriversi tra le donne di piacere.
Il padre della X ci assicura che da circa un’anno anche sua figlia non volle più starsene chiusa, e che si altercò con la superiora e scappò via.
Ritornata presso la famiglia un bel giorno per futili motivi dette fuoco alla casa, ne chiuse la porta e da un’altura soprastante, con gusto da Nerone, stette a dilettarsi dell’opera divastatrice delle fiamme. Essa accusò dell’incendio suo fratello, il quale per postuma confessione della calunniatrice, e per i favori di persone altolocate scampò da seria condanna.
La X fu nuovamente chiusa nell’ospizio, dal quale era fuggita. Vi rimase brevissimo tempo, e ne uscì accompagnata dalla pubblica sicurezza, perché questa volta era venuta alle mani colla superiora, che le negava il permesso di uscita.
Consegnata al padre fu da questi allegata presso una zia. Ogni vigilanza era inutile, ogni esortazione perduta, non mancava giorno che la X sola non facesse le sue scorrerie. Bellina di volto, con contorni pronunziati del petto e dello altre parti che destano il desiderio, era seguita e corteggiata dai giovanotti [inizio pag. 206] di avventura e specialmente da un marinaio: alle promesse di amore ed alle lusinghe rimase sempre sorda e sdegnosa.
Un bel giorno vendette diverse masserizie e col ricavato comprò abiti virili.
Una sera la Rosina, già dimentica della X, era nella sala di allettamento della sua casa di piacere spensierata ed allegra: sentì chiamarsi in camera da un giovane imberbe con cappello calato alla sgherra, e con un bastone da guappo tra le mani. Sussultò parendole conoscerne la voce, avvicinataglisi riconobbe in lui travestita da uomo l’antica amica, cui anche i capelli erano caduti sotto il taglio delle forbici. Tra lo stupore ed il timore la Rosina rifiutò la chiamata, il cui prezzo era già stato anticipatamente pagato. Non valsero preghiere e minacce della X a persuaderla; fu recisa nel rifiuto. Un po’ di bisbiglio cominciava nella sala, sicchè quella fu costretta a scendersene lanciando un’ultimo sguardo corrucciato e torvo alla infida amica.
Un’altro giorno per le vie più pregiudicate della città, un giovanotto faceva del chiasso soverchio con donne di male affare, la morale pubblica ne pareva troppo offesa, sicchè l’ardito damerino fu condotto alla sezione di pubblica sicurezza. Si riconobbe in lui una giovane in abiti da uomo. Saputo da lei il suo casato la si consegnò al padre; perchè, trovata vergine, non la si potè ascrivere alla prostituzione. La meraviglia dell’ispettore fu non poca al racconto del padre; ma più ancora fu quella di questi nel pensare come sua figlia immezzo a tanta sregolatezza di vita non fosse ancora caduta nel disonore. Agli avvertimenti dell’ispettore, la X, in presenza del padre rispondeva franca ed istruita sul modo di garantire la sua verginità.
Allogata dopo questo fatto presso sua sorella, vi rimase poco tempo. Avendo saputo che il cognato era il depositario dei suoi abiti da uomo, andò a trovarlo e lo minacciò di fare un chiasso nel palazzo, se non le avesse presto dato i calzoni e la giacca comperati da lei. Ad evitare spiegazioni innanzi ai suoi padroni il cognato fu condiscendente, e la X, vestitasi di nuovo da uomo, trionfalmente ricominciò la scorreria. Fu nuovamente arrestata per le vie dopo qualche giorno e riconsegnata al padre.
Il povero uomo disperato, a consiglio della famiglia nella quale serviva, si decise di chiudere la figlia in un manicomio. [inizio pag. 207]
Ivi fu non poco lo stupore delle infermiere nel ricevere la X con i capelli tagliati, con scriminatura laterale, con portamento altero e con apparenza di giovanotto sotto abiti muliebri. Qualcuna di esso più sensibile ne sussultò.
In breve volgere di tempo l’eroina conseguì molt’ascendenza non solo sull’animo delle ricoverato meno gravi, ma anche su quello di parecchie infermiere. Ad indicare il predominio che aveva su tutte, le si dette presto il titolo, riconoscendone in lei gli attributi, di uno dei gradi della camorra.
Le prime prodezze cominciarono con una giovane folle di belle forme, sicchè la X qualche notte, credendo di eludere la vigilanza, tentò passare nel letto di quella.
Cambiata per questo di camera, cercò rifarsi ad usura dell’onta sofferta predeliggendo una delle infermiere giovane, e bionda, e di gentile aspetto. La confidenza soverchia, il piacere d’isolarsi entrambe, qualche dubbia posa sorpresa alla sfuggita autorizzarono il sospetto di reciprocanza, e la separazione della coppia impreveggente.
La X ne rimase adirata e minacciante vendetta e, come n’ebbe il destro, pigliò per la gola colei che essa credette causa del suo danno, e più ancora le avrebbe fatto se non si fosse corsi a tempo.
Il proverbio lontan dagli occhi lontan dal cuore produsse anche allora il suo salutare effetto, e la X ben presto si riconsolò nella varietà di un nuovo amore. Sempre felice nella scelta volle anche il contrasto di tipo, per altro non fu questo meno pregevole dell’ultimo, pel bruno del viso, il nero dei capelli, l’occhio penetrante e l’incedere provocatore.
Dormirono vicino di letto, conversarono spesso sino a tarda ora, sebbene, per i suoi obblighi di vigilanza notturna, le ore libere dalla brunetta più che ad Adone avrebbero dovuto sacrificarsi a Morfeo. Ebbero agio di passare spesso anche il giorno sole ed indisturbate nel disimpegno di un’incarico al quale era proposta la condiscendente amica. Ma l’occhio vigile ed indiscreto di qualcuno passò una volta da un foro nel dolce nido, ed un’altra crudele separazione ne fu 1’effetto.
Per coincidenza o conseguenza la X, che anche altra volta fu melanconica e pianse in un giorno di uscita della cara compagna, [inizio pag. 208] languì davvero dopo l’amaro distacco, parve meno florida e certo ora è più pallida in viso.
La X parla il dialetto con coerenza e buona associazione d’idee e con timbro di voce muliebre; spesso è arguta nelle risposte; presta buona attenzione ai discorsi ed a tutto ciò che le si svolge d’intorno. Ha perfetta coscienza del suo stato presente, e la sua propria personalità non solo e da lei conosciuta; ma agisce come eco dispiacevole sulla sua psiche, poichè ella con le sue tendenze ed i suoi affetti rimpiange e si addolora di essere nata donna. Indebolito e quasi mancante è il sentimento della famiglia e l’affetto ai suoi congiunti; di religione e di conforto nel pensiero di Dio, non la ho mai intesa parlare. Tenuto anche calcolo della sua educazione e delle sue tendenze pervertite, il sentimento morale ed il pudore paiono indeboliti. Non è scomposta nell’abbigliamento e non si è fatta mai sorprendere in pubblico nei suoi trasporti amorosi, anzi non li confessa, o quando lo fà, afferma con viso sereno essere il suo semplice sentimento di amicizia (3), però per qualunque discorso ardito le si tenga non arrossisce mai. Commossa alle parole di compatimento, ed allettata forse alle promesse di curare i suoi anormali trasporti, più che narrare o svelare l’intimo dei suoi pensieri, si è limitata ad affermare con un sì della testa, ma punto vergognandosi, tutte le notizie che si erano raccolte sulla sua vita, specialmente in ordine al disturbo della sfera sessuale. Ella non lo fa rimontare prima dello sviluppo della pubertà. Alla proposta di osservazione dei suoi organi genitali ha resistita; ma non quanto avrebbe dovuto una giovane vergine. Si è facilmente persuasa, quando le si è affermato che si diceva di lei essere incinta, e che per smentire le voci calunniose non vi era altro mezzo che la osservazione medica della sua verginità. Prima di assoggettarvisi ha preso qualche ora di tempo, e l’ha spesa da donnina accorta nel farsi un pò di nettezza o nel ricambiarsi la biancheria. Venuto il momento, è rimasta perfettamente senza emozione e senza quel pochino di resistenza che precede quella osservazione in quasi tutte le donne. [inizio pag. 209]
Tutti gl istinti muliebri in lei sono pervertiti o meglio sono invertiti. Non l’attaccamento alla famiglia, non la vita casalinga, non il trasporto all’abbigliamento donnesco ed ai lavori del suo sesso, non il desiderio di essere ammirata e corteggiata dai giovanotti, non il tormentoso pizzicore del matrimonio, non la riservatezza e il pudore della fanciulla. La vita girovaga, la scelta di occupazioni virili, la ripugnanza all’uomo e la tendenza verso il proprio sesso, l’ardire del discolo e l’improntitudine dello scapestratello fanno del suo carattere un’insieme armonizzante interamente col carattere di un giovane, cui si sia allentata la briglia sul collo.
In questo amore alla donna trovasi giustamente compenetrato il lato platonico e l’effettuazione dell’atto carnale, la parte morale e l’azione che l’appaga. In questa inversione di tutti i fattori dell’istinto sessuale non vi è nulla di esagerato: è la esplicazione intera ed ordinata dell’insieme del sentimento sessuale di un’uomo trasfuso nel corpo di una donna. Lo scegliere con accorgimento, il pretendere di essere riamato amando, la gelosia che accompagna l’idilio, l’amplesso in luogo, tempo e circostanze che non offendono il senso comune, attributi ordinarii dell’amore del giovane, accompagnano senza differenza di sorta l’invertito sentimento sessuale della nostra paziente.
La X non si distingue certamente per una memoria pronta e tenace, ma d’altra parte questa facoltà non sembra gran che infiacchita. Non ha saputo p. e. precisare la sua età affermando di avere 17 anni quando ne ha venti, nè ha saputo precisarci l’epoca della sua prima mestruazione; però gli altri fatti della sua vita passata, e quelli che si svolgono presentemente sotto i suoi occhi sono da lei sufficientemente ricordati.
Non si può affermare se la sua volontà sia impotente a frenare i suoi istinti, poichè la paziente, o per la poca confidenza, che ha nel medico, o pel ritegno di diffondersi sulle anomalie del suo sentimento sessuale, parla poco e non lascia scorgere nessuna lotta che agiti il suo interno. Se quindi le sue tendenze siano accompagnate da atti volitivi pel piacere che si trova nell’appagarle, o siano del tutto irresistibili, non è ben noto. Però un certo dominio della volontà sull’istinto si può facilmente dedurre dal non vedere mai in pubblico alcuna azione scomposta risultante dal pervertimento delle sue tendenze. [inizio pag. 210]
Il viso piuttosto corto, i pomelli un pò sporgenti, le linee poco delicate della fisonomia, i capelli neri, abbondanti, duri, tagliati e divisi con accuratezza di lato danno espressione poco muliebre all’insieme della figura. La peluria che corre il viso non differisce da quella che leggiermente notasi sulla faccia delle donne. La X veste il camice senza allacciarlo alla cintura, forse per occultare la pronunziata convessità delle mammelle e la lussuria delle anche. La pelle è morbida, bianca e, salvo sul pube, perfettamente glabra, il connettivo sottocutaneo a sufficienza fornito di adipe dà la rodontità femminea all’insieme del corpo, i muscoli molto bene sviluppati e la conformazione scheletrica robusta si allontanano un pò dall’ordinario tipo della donna, la X è alta m. 1,55.
Nessuna anomalia negli apparecchi organici, solo il ventre è un pò gonfio, parte per adipe, parte per meteorismo. Le diverse sensibilità integre, la forza dinamometrica è di 50 con la mano destra, 45 con la sinistra; 59 con entrambe le mani; forse sarebbe maggiore se l’inferma sapesse meglio stringere il dinamometro. Le misure craniometriche prese con cappelli abbondanti sono le seguenti:
Diam. ant. post. massimo…………… 168
» tras. massimo…………………. 134
» biauricolare……………………. 120
» frontale minimo…………………. 110
Indice cefalico……………………… .79,76
Curva ant. Post……………………… 280
» biauricolare……………………. 330
Circonferenza……………………….. 520
Altezza del viso…………………….. 160
» totale della faccia………….. 120
» semplice della faccia………… 74
Diametro bizicomatico………………… 128
Angolo facciale……………………… 71°
Il cranio dunque è mesaticefalo e piuttosto piccolo, il tipo del viso abbastanza prognato.
Gli organi genitali sono regolarmente sviluppati secondo il tipo femmineo. L’imene è sano con foro centrale, non è però molto teso, il clitoride, completamente coverto dal prepuzio, non sorpassa [inizio pag. 211] la grandezza ordinaria. Solo nella parte superiore della vulva le ninfe sporgono un pò sul livello delle grandi labbra e sono tumide e rosee. Le mammelle piuttosto grandi sono sode, non prolassate ed hanno il caporello completamente spianato. La mestruazione viene senza sofferenze; di durata ed in quantità normale, ha però spesso sospensione per qualche mese. Durante le regole la X è un poco più eccitabile.
Non vi sono convulsioni, non errori di sensi o di giudizio e la permanenza nel manicomio è solo giustificata dalla inversione del suo sentimento sessuale e dagli atti, ai quali la paziente è spinta sotto l’imperio di questa anomalia.
Dei casi d’inversione congenita ed abituale dell’istinto sessuale riscontrati nella donna e pubblicati ne conosco tre: quello di Westphal (4) quello di Gock (5) e quello di M. Wise (6). Questo numero, comprendendovi il mio è certamente inferiore a tutti quelli che si sono riscontrati nell’uomo.
Se non fosse possibile qualche dubbio risulterebbe evidente la minoranza delle donne a soffrire di questo pervertimento; lo Charcot crede che ciò dipenda dalla facilità più grande con la quale queste riescono a nascondere il disturbo istintuale. A questa opinione aggiungerò che, oltre alla facilità di nascondere, il che potrebbe essere anche fatto dagli uomini, la ragione debba pure cercarsi nella retrosia dalle donne sentita nel confessare tutto ciò che ha relazione con la sfera sessuale. E questa retrosia si accentua certamente dippiù in quelle povere disgraziate, le quali, riconoscendosi donne ed educate alla maniera muliebre, sono costrette ad aborrire quella organizzazione sessuale, la quale non risponde all’ordine delle loro idee e dei loro istinti.
Dallo studio di tutti i casi sinora pubblicati d’inversione dell’istinto sessuale congenito ed abituale, si rileva un’altra [inizio pag. 212] differenza nel modo di manifestarsi e di appagarsi del pervertimento nei due sessi. L’amore dell’uomo per l’uomo è più puro ed ordinariamente scevro di sensualità, e se qualche volta i genitali vi pigliano parte con involontaria erezione ed ejaculazione nella veglia o sotto l’imperio di sogni voluttuosi l’infermo lo soffre dispiacentemente; non è infrequente però l’onanismo solitario o reciproco, o l’appagamento per via di carezze; più raro è riscontrare l’individuo affetto che si spinga a cercare irresistibilmente l’amplesso, sia attiva o passiva la parte che debba sostenervi.
Per lo contrario nei quattro casi studiati nella donna si nota unito alla idealità dell’affetto il carnale appagamento, e se a conseguire questo si frappone l’ostacolo di una terza persona, si può trascorrere sino ad atti violenti contro di essa.
Quale la possibile ragione di questa differenza? Forse la maggior forza della volontà nel sesso maschile a dominare la impulsione morbosa; forse il maggiore ribrezzo che desta nell’uomo la schifosità delle parti che dovrebbero entrare nell’abbominevole azione.
Il pervertimento della X pare che non abbia punto di partenza da stimoli locali: non la si è mai vista masturbare, e nelle sue parti genitali non si trova traccia certa di onanismo; non è quindi il desiderio dell’attrito che la spinge in braccia delle sue amanti, ma il contatto reciproco dei genitali è solo l’ultimo epifonema della passione che conturba ed agita la paziente. Per lo contrario l’ammalata di Westphal e quella di Gock erano spinte all’onanismo dalla rimembranza della donna amata. L’ammalata di Wise, sebbene senza trasporto, potette acconciarsi a coito naturale e n’ebbe un figlio, la X sino a questo momento ha ripugnanza assoluta per ogni sentimento ed atto sessuale fisiologico.
Nella storia da me riportata non si trova evidente la eredità, e se vi è stato qualche disturbo del sistema nervoso fra gli ascendenti, ha dovuto essere di tal natura che non ha lasciata impronta sull’animo delle persone, che sono state interrogate sul proposito. Però un fratello della X, [inizio pag. 213] se non è individuo da manicomio, è così sregolato nella condotta, dedito al vizio e infingardo pel lavoro da essere tutto predisposto al malfare o alla pazzia. Ed esiste d’altronde un’altra degenerazione nella famiglia della inferma, non meno importante nello imprimervi un carattere di degradamento, la tubercolosi riscontrata nella zia, nella madre e nella sorella della X.
L’inversione del senso genitale pare non siasi originata prima dello sviluppo della pubertà, la quale fu per se stessa ritardata; però il terreno sul quale prosperò il pervertimento era già molto ferace. Le anomalie della fanciullezza, i disordini dei primi anni giovanili della inferma facevano già prevedere che qualche cosa più grave dovesse aspettarsi. L’impulso piromaniaco concomitante col disturbo genitale, la debolezza della memoria, la ottusità della mente nell’imparare la grossolana istruzione elementare, la poca o nessuna intensità dei sentimenti affettivi e religiosi, la testa un pochino più piccola completano il quadro di un’essere abbastanza degenerato. Su queste condizioni che accompagnano il pervertimento dello istinto genitale è stata già richiamata l’attenzione dai distinti alienisti o medici legali che si sono occupati dell’argomento. Il Tamassia, prima ancora che fosse pubblicato il lavoro dello Charcot e Magnan, ed in opposizione del Westphal vi aveva data tutta quella importanza necessariissima per risolvere la questione della imputabilità degli atti commessi sotto l’imperio dì questa inversione dello istinto sessuale.
Il Kirn (7) nel suo lavoro sulla importanza clinico legale del pervertimento dell’istinto sessuale in tutto le sue forme, consacrando qualche pagina all’istinto sessuale inverso, crede anch’egli necessario lo studio minuto antropologico, etiologico, delle proprietà psichiche e morali, delle tendenze patologiche e delle altre manifestazioni della degenerazione mentale, che si riscontrano generalmente nei delinquenti di questa specie. Il Krafft—Ebing, (8) [inizio pag. 214] ritornando sopra questa questione dal punto di vista medico legale in un novello lavoro, dichiara pure che l’esistenza isolata della inversione del senso genitale, in assenza di altre anomalie psichiche, merita più ampio esame, e che la questione della responsabilità dipende, nel caso speciale, dalla estensione dei sintomi psicopatici osservati. La costatazione della vuotezza intellettuale ed etica costituiranno condizioni a discarico, perchè in queste circostanze l’impulso organico ad atti sessuali anormali non trova innanzi a se alcun correttivo morale per arrestarlo, e l’attrazione invincibile pel medesimo sesso, che a noi sembra perversa per la nostra normale organizzazione, è sentita da quei disgraziati con tutti gli attributi di una sensazione naturale, parendo ad essi il solo modo possibile di relazione sessuale e di voluttà; il paziente, lungi dall’aver coscienza della reprensione che i suoi atti meritano, li considera come naturali.
Ma oltre alle condizioni morbose che accompagnano il pervertimento genitale, e che per se stesse sono sufficienti, per parere concorde di coloro che si sono occupati dell’argomento, a determinare la irresponsabilità dei poveri disgraziati, vi è un’ultima grave considerazione a favore della irresponsabilità istessa. In questi pazienti o è invertita la idea fondamentale dell’io, la coscienza della propria personalità in rapporto al sesso, o con questa coscienza discretamente conservata in mezzo alla fiacchezza della mente, la volontà non è così forte da opporsi al pervertimento istintuale.
E sono questi davvero i due argomenti essenziali per giudizio della responsabilità.
Quando la inversione accompagna altre forme di pazzia e perdurante questa venissero commessi attentati al buon costume, non sarebbe per nulla dubbio il giudizio, rientrando il fatto nelle norme generali stabilite per i vizii della mente.
Ma quando l’individuo affetto da tale pervertimento si comporta all’occhio del pubblico apparentemente sfornito di tutte quelle qualità di una forma chiara di pazzia, allora è che sorge innanzi al magistrato la grave questione della responsabilità. [inizio pag. 215]
Ammettendo pure, ciò che sinora non si è mai verificato, che dal complesso dei fatti clinici risultasse isolata e scevra di ogni altra complicazione morbosa la inversione del senso genitale, accompagnata però dal pervertimento della coscienza del proprio essere, tanto basterebbe a giustificare quelle tendenze contro natura, che sarebbero il corollario fatale della morbosa percezione del me. L’essere che organizzato virilmente, e che per legge naturale, fondamentale per la perpetuazione della specie, dovrebbe sentire la necessità di accoppiamento con persone del sesso opposto, e che invece vi trova ripulsa, perchè in se riconosce attributi opposti alla conformazione anatomica, è un essere sfornito di uno degli elementi fondamentali della mente: della giusta appreziazione dello scopo del suo organismo rispetto alla specie a cui appartiene. Ora questo individuo che sconosce o non valuta giustamente la differenziazione, elementare, essenziale, necessaria tra sesso e sesso non può essere responsabile delle azioni commesse in rapporto alla sessualità medesima.
Questa questione della imputabilità però si affaccia sotto altro lato in cui sembra più vulnerabile, ossia quando non esiste l’abolita coscienza della propria organizzazione. Tutto l’edificio parrebbe crollare innanzi alla giusta riconosciuta differenziazione anatomica.
Qui giova una riflessione: la conformazione sessuale secondo il tipo maschile o femminile è vero che può non sfuggire all’apprezzamento di coloro che soffrono del pervertimento di tale istinto; ma in questi casi appunto i pazienti sono ancora maggiormente addolorati per la contraddizione tra l’organizzazione fisica e le loro tendenze pervertite, le quali non si limitano solo alla sfera sessuale; ma affettano il carattere morale dei pazienti: molti degli attributi del sesso contrario sono avvertiti come proprii da questi, e nella lotta tra i loro sentimenti e l’idea della organizzazione fisica non sempre la vittoria resta all’intelletto, e spesso quindi la volontà perde il predominio sulle azioni dei poveri disgraziati.
Che si dirà delle possibili frodi alle quali in questa questione d’imputabilità potrebbe andare soggetta la giustizia [inizio pag. 216] umana? Un criterio in questi casi mi pare di molto valore; perchè contro l’andamento naturale ordinario del godimento sessuale: la provata indifferenza, avversione o ripulsa verso le persone del sesso opposto: l’uomo che non si sente mai spinto verso l’affascinante bellezza muliebre, non è un’uomo; la donna che non desidera mai essere avvinta tra due maschie più forti braccia, non è una donna.
NOTE [NELL’ORIGINALE, A PIE’ DI PAGINA]
(1) Rivista Sper. Fasc. I 1878.
(2) Archives de Neurologie N. 7 e 12 1882
(3) Dopo avere scritto questa storia la X avendo presa più confidenza con me ha spontaneamente confessate le sue debolezze. Ricorda bene che i suoi trasporti pervertiti cominciarono presso a poco all’epoca della prima mestruazione.
(4) Arch. für Psych. II 1870.
(5) Arch. für Psych. V 1875.
(6) The Alienist and Neurologist N. 1 1883.
(7) Allg. Zeitschr f. Psych. XXXIX 2 et 3.
(8) Allg. Zeitschr f. Psyeh. u. psych. gerichtt med. XXXVIII 2 et 3.
[fine pag. 216]
* * *