1888, Cesare Lombroso – Palimsesti del carcere

Cesare Lombroso, 1888. Palimsesti del carcere: raccolta unicamente destinata agli uomini di scienza. Torino: Fratelli Bocca.

Testo reperibile allo https://archive.org/details/BRes061319/
e allo https://archive.org/details/palimsestidelca00lombgoog/


Parte prima. Sez. XII. Donne (pp. 101-104)
[p.102] Sul periodico La buona settimana. Ricordo della detenuta Sart. Gius., povera infelice prostituta, entratat in questo carcere addì 19 agosto, uscita il 3 settembre. Non andate a fare la prostituta, piuttosto andate ad annegarvi perchè si fa più carcere che altro. La nostra vita è destinata in prigione. Addio, Sart. Gius.

Idem. — Figlie, prendetevi guardia di fare una vita brutta, cioè la prostituta, che siete sempre in prigione, e nient’altro, e non v’avanzate niente, siete mal viste da tutti e siete anche sempre ammalate. Poi siete sempre piene di paura di ricevervi delle coltellate oppure degli schiaffi. Poi se avrete da parlare a qualche uomo, cercate bene di parlare a uno che vi mantenga e vi tenga, e non che ve ne mangi, come accadde sempre a me. Chi legge questo preghi per me, che ne ho molto bisogno, dica un’Ave Maria e un Pater e Gloria che mi aiuti che sono ben disgraziata; ho sempre male.

Idem. — Non amare donne, ama un uomo e sarai rispettata da tutti, se ami una donna da tutti sei odiata ; val più un uomo brutto che tutte le donne belle. Sart. Gius.

Idem, — Sart. Gius, di Torino ama sincera C, e per lui ritornerà a Milano a costo di morire. Come è bello quando due persone si amano!

Parte seconda. Cap.II. Caratteri dei graffiti onesti. Graffiti femminili. Donne.

[p.278] Donne. Nei graffiti della donna criminale il primo e singolare carattere è la scarsezza, per non dire l’assenza. Anche nelle carceri, anche negli ergastoli speciali, in celle dove donne dimorarono per anni ed anni, non ho trovato segni di scrittura.  Le sole che scrivevano erano prostitute. Noto qui che Zola e il De Goncourt, fotografi della società moderna di Francia, ci accennano all’uso delle cocottes di scrivere il [p. 279] loro nome e le date, e i nomi dei ganzi sugli specchi e sulle mura delle trattorie. Ciò s’accorda coll’osservazione più volte ripetuta che la prostituta rappresenta la criminale-nata assai più che la delinquente, ch’è in fondo una criminaloide, una rea d’occasione (V. Uomo delinquente,  vol. II). Ed ecco perchè le poche iscrizioni femminili che noi demmo (pag. 101) erano sempre o quasi sempre dichiarazioni d’amore o proteste improntate d’un erotismo da Messalina, opera, com’erano, di prostitute carcerate. Anche nei palimsesti francesi di vere criminali le dichiarazioni d’amore sono in maggioranza. E perfino le vendette ed i vanti dei crimini vi sono legati all’amore. Il Joly (Archives d’anthropologie criminelle, 1889) racconta che a S. Lazare (carcere di prostitute), non si leggono frequentemente sui libri che frasi come queste : «Ah, mio piccolo Giulio, quanto t’amo! », oppure: «io bacio il mio fratellino… » (organo fallico).

Altre frasi nel gergo femminile accennano al tribadismo fra esse, che colla “Società della piccola medaglia” sottintendono la Società delle « femmes pour femmes ».

Segnalo che “pratiche saffiche” era sinonimo di sesso orale (omo ed eterosessuale) e non di rapporto tra due donne, come risulta a p. 254, riportando una storia narrata da Laurent, Les habituées des prisons, 1890: “… la moglie di costui, avvicinandosi alla menopausa, fu presa dal desiderio di questo giovinetto. Lo preparò con carezze lascive; e quando lo vide a tempo, lo indusse alle pratiche saffiche (elle le fit “descendre au lac”).