1889, Angelo Zuccarelli – Inversione dell’istinto sessuale in una donna

Angelo Zuccarelli, 1889. «Inversione dell’istinto sessuale in una donna», L’Anomalo, anno 1, n. 1,  pp. 20-21.Trascrizione di “Vanessa”.

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INVERSIONE DELL’ISTINTO SESSUALE IN UNA DONNA

 Nel 1881 capitai in S. Saverina, provincia di Catanzaro (Calabria), ed in qualità di ufficiale sanitario fui alloggiato in casa del Sindaco. L’indomani della prima notte che li dormii, picchiò alla porta e poi entrò nella camera a me assegnata uno che aveva l’aria di un domestico, di giovine età, di bassa statura, colle vestimenta male aggiustate che gli davano un aspetto obeso, colla camicia semi-aperta sul petto. Non gli badai più che tanto: e dopo che ebbe prestato qualche servigio e sbrigate le poche consuete faccende, andò via.

Poco dopo uscito della camera, incontro le persone di famiglia le quali, scambiati appena i saluti e le cortesie di uso, mi domandarono del domestico ch’era entrato nella mia camera e quale impressione mi abbia fatta.

Rimasi un po’ sorpreso della domanda, e risposi subito colla maggior cortesia d’essere stato ben servito.

Ma quelli insistettero, mal reprimendo un certo sorriso che induceva sospetto, e mi richiesero se mai in lui avessi notato qualche cosa.

Divenni allora circospetto e ritenni che la delicatezza ed i riguardi dell’ospitalità mi avevano fatto sfuggire qualche cosa che m’interessava come medico o naturalista. E alla mia volta insistetti io allora per sapere che cosa ci fosse di sotto. E seppi la storia che segue.

Il voluto domestico era una donna sui 22 o 23 anni, la quale aveva voluto e irremovibilmente vestire da uomo fin da quando aveva avuto l’uso della ragione ed aveva acquistata coscienza di sé. Stesse prima come ragazzo di scuderia, e dimostrò coraggio e intrepidezza nel cavalcare, spesso anche a dorso ignudo, e attitudine e destrezza particolare in quelle faccende. Lusingata e molestata allora tante volte con blandizie e con minacce da ragazzi veramente maschi e da cocchieri, dimostrò sempre avversione per loro e non lasciò speranza di poter essere sedotta. Dormiva sulla paglia, lavorava di molto buon mattino e di notte, con ardore, resistenza e sollecitudine virile.

Poscia, rifuggendo sempre da qualunque occupazione ed abitudine femminea, con i capelli mozzi, abiti grossolani e discinti, scarpe grosse e ferrate, passò per diversi mestieri siccome un giovanotto vigoroso ed amante di lavorare.

Occorrendo nel paese un postino che andasse ogni giorno a rilevare la corrispondenza parecchie miglia lontane, fu sollecita ad esibirsi lei. E viaggiando di notte, col freddo e col caldo, colla pioggia e colla neve, e dovendo ogni notte traversare un bosco e luoghi scoscesi e burroni, sola, seppe sostenere un tale ufficio per vario tempo inappuntabilmente. Più di una volta fu scontrata da giovinastri che volevano sottoporla al loro talento; ma ella seppe schermirsi, difendersi, usare anche violenza, fuggire, senza rimanere mai vittima di alcuno.

Ora al soldo del sindaco, era un servizio prezioso, inappuntabile, ma solo per tutto ciò che sapeva d’incombenza maschile, rifiutandosi intransigentemente per ogni altra cosa che sapesse di femmineo.

Non ebbi allora né tempo né agio di fare un esame antropologico conveniente: solo ad eccezionale intercessione di quella autorevole famiglia, potetti ottenere dall’austera viragine di dare uno sguardo fuggevole al corpo e di osservare un poco i genitali.

Ella mestruava regolarmente, e per caso al momento proprio della mia osservazione era mestruante. Il flusso però era ben scarso, e così mi fu detto che fosse solitamente: e tra per questo, tra per esimersi alla costumanza delle altre donne, la paziente non portava pannini.

I genitali esterni erano a bastanza piccoli di volume: scarsi peli sul monte di venere, anch’esso poco tondeggiante. Di imene poca traccia, e pare si trattasse d’un imene circolare a cercine poco rilevato.

Lo stato dell’ostio vaginale pareva accennasse ad abitudini masturbatorie. Le mammelle discretamente sviluppate: il petto e le braccia robuste.

L’avversione a farsi osservare chiaramente non era pudore, ma disgusto a far notare il proprio sesso.

Delle necessarie delicatezze non mi permisero di appurare fino a che punto la nostra protagonista avesse mostrate moine ed amorevolezze spinte per altre donne; ma pare non ne fossero mancate.

A. Zuccarelli

 

 

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