Guido da Verona, 1908. L’amore che torna. Milano: Baldini e Castoldi
L’ Amore che torna : romanzo / Guido Da Verona – Firenze : R. Bemporad & Figlio Editori, 1920 – 403 p. ; 20 cm è scaricabile allo https://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/da_verona/l_amore_che_torna/pdf/da_verona_l_amore.pdf da cui è presa anche la paginazione.
Ne Il libro del mio sogno errante (1919), p. 348, da Verona definisce Saffo “una buona madre di famiglia la quale si fingeva lesbica e tribade per carpire quache obolo ai suoi lussuriosi contemporanei”
[p. 89] Verso l’autunno le si offerse l’occasione di accompagnare la vedova baronessa von Ritzner, che soffriva di un latente mal di cuore, in lunghi viaggi di svago attraverso l’Europa. Era una signora di quarant’anni, ricca e senza figli, già presso allo sfiorire di un’avventurosissima vita, condotta nei circoli della Corte Imperiale. In tutto gran dama, ed ancor ricercata per il suo brio, per la sua raffinata eleganza, la baronessa von Ritzner non poteva trovare in Elena miglior compagna, nè Elena in lei. […]
[p. 93] La baronessa von Ritzner si era tosto presa di una caldissima simpatia per Elena e la considerava come un’amica. Viaggiarono insieme da Franzenbad a Ginevra, da Ginevra ad Aix les Bains, a Luchon, a Biarritz, a Pau, finchè, al sopraggiungere dell’inverno, andarono ad abitare una leggiadrissima villa su la Riviera di Cannes.
La baronessa le parlava spesso d’uomini e d’amanti, e non si dava nessuna pena per nascondere ad Elena le proprie avventure. Solo era gelosissima di lei; ne allontanava i corteggiatori con maggior severità che una madre ed era molto curiosa di conoscere le sue trascorse vicende. Una volta le disse anzi, per celia:
– Bisognerà trovarvi un marito, Elena, perchè, la mia vigilanza non basta più a difendervi dall’assalto!
Ed Elena rise. Un marito? Ecco una cosa cui non aveva pensato [p. 94] ancora nella sua vita di zingara. E, meditandovi sopra, le tornava
nella mente il buon pastore Miller, co’ suoi capelli biondi e ben lisciati, con la sua bocca un po’ femminea, che parlava così gravemente.
Allora si figurava la propria vita, s’ella fosse divenuta la moglie di quel pastore luterano, e si vedeva in una linda casa tedesca, con indosso un bel grembiule bianco, non sapendo come nascondere l’abbondanza eccessiva de’ suoi capelli per parere più semplice; e si vedeva intenta nel rammendare il bucato, nel badare alle cose della cucina, mentre, davanti al fuoco, il pastore leggerebbe ad alta voce la Bibbia e due o tre marmocchi evangelici ascolterebbero attoniti, senza comprendervi nulla. Povero pastore Miller!… Egli era così dolce, ma questo pensiero la faceva nondimeno ridere!
La baronessa aveva ora presa l’abitudine di tenerla sempre sotto braccio, la trovava bella e glielo diceva, con una voce strana, carezzandola.
S’era innamorata de’ suoi capelli; entrava la mattina nella sua camera per guardarla quando si pettinava, e, standole presso, le faceva scorrere le dita gioiosamente nella capigliatura, come un fino pettine; poi ne formava un grosso nodo involuto, pieno di luccicori, e vi tuffava dentro la gola ignuda, poi la bocca, poi l’intera faccia, con voluttà.
Elena tuttavia non sapeva rendersi conto di queste ambiguità e vi si prestava a malincuore, fra stupita e lusingata, con un senso insieme di curiosa paura.
Avevano le camere uscio ad uscio e la baronessa entrava la sera in quella di Elena mentr’ella stava spogliandosi; con bizzarri pretesti voleva ella stessa fare la sua treccia, legarle i nastri della camicia; toccava con un specie di insidia i lini ch’ella andava smettendo, le parlava di cose d’amore come il più delicato amante…
E allora, simulando capricci repentini, le baciava la gola scoperta, la fronte, i capelli, narrandole con parole accese la sua [p.95] tristezza di rimaner sola, in quelle notti così lunghe… […]
[p.97] la baronessa von Ritzner era su le [p.98] montagne dell’Engadina, malata di cuore: le scriveva le sue sofferenze, pregandola di tornare con lei. Allora Elena si comandò molti abiti, rifece i bauli, coperse gelosamente il quadro di Mathias, lasciandolo in custodia della signora Bergmann, e partì per l’Alta Engadina. La baronessa era deperita molto; le crisi al cuore in pochi mesi l’avevano sensibilmente invecchiata. Il riveder Elena le dette una grande gioia, e parve che traverso il dolore nascesse nel suo sentimento una purità quasi materna […]
[p.99] La stagione finì. Max von Schillenheim tornò al suo reggimento; Elena e la baronessa, che peggiorava sempre, andarono a Bad-
Homburg, dove i medici le consigliarono di tornare a Berlino per affidarsi ad uno scienziato di grande fama, che le avrebbe forse dato ricovero nel proprio Istituto. Così fecero. Per un mese ancora Elena l’assistette, indi, poichè le sue cure non bastavano più, medici ed infermiere presero il suo posto, e la baronessa si risolse a lasciarla partire, colmandola di benefici e di doni.
[p.160] Altri sapevan qualcosa intorno all’oscura amicizia che fino alla morte professò per lui [Elia d’Hermòs] la famosa Duchessa di Lezières, questa Saffo impenitente, che non si peritò di chiudere la sua magnifica vita di depravazione con una frase rimasta celebre: – «Fra me e mio figlio abbiamo possedute le più belle donne di Francia.»