Gianni Gradoli, 1958. “Colpo al destino”, Detective Crimen, anno XIV, n.3, 18 gennaio 1958, pp.15-17.
Cortesia Archivio Luca Locati Luciani. Online anche allo https://www.wikipink.org/index.php/File:1958_01_18_-_Detective_Crimen,_anno_XIV,_N._3,_18_gennaio_1958,_copertina.jpg
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La triste storia è quella di un disgraziato escluso dall’assegnazione di una casa popolare a Fiumicino, che per disperazione accoltella l’impiegato dell’INA-casa. Al fatto era presente, perchè anche lei era una poveretta che aveva diritto ad un’abitazione, una “donna-uomo”, che con la sua forza lo disarma impedendogli di infierire ulteriormente: [p.15] …fortunatamente c’è stato chi gli ha impedito di colpire ancora, chi lo ha disarmato: Rosina, la donna che pretende d’essere uomo, una mamma che grazie ad un’operazione potrebbe diventare papà. Un altro essere che soffre, che vive di stenti, che rimpiange di essere nato […]
Su lei, il titolo in copertina:
[p.1]LA CHIAMANO MAMMINA
Sigaretta in bocca, cappello sulle ventitré, pantaloni di flanella, nodo alla «scappino»: cosi ha accolto nella sua baracchetta del Tufello il nostro redattore, la vedova Rosina Traini, la donna-uomo, madre di due gemelli, colei che con un pronto intervento e un’abile mossa di «judò» ha impedito ad Amerigo Croce di immergere la lama del suo coltello nel cuore del vice direttore dell’ufficio regionale del lavoro. Rosina ha una forza prodigiosa «quando però — precisa — ho lo stomaco pieno!» […]
Rosina fa una vita dura ed è anche beffata dalla sorte, ma non si scoraggia, specialmente quando porta abiti da uomo:
[p.17] Piove quando, raggiunta Roma, mi dirigo verso l’abitazione di colei che ha evitato col suo coraggioso intervento una tragedia. Un vento gelido scuote gli alberelli scheletrici ai margini delle strade. Via Nomentana, Montesacro, il Tufello. Rosina Triani abita in via Monte Artemisio. Una via per modo di dire. La sua baracca è in una sorta di casbah che si eleva sul cocuzzolo di una collina. Sembra un accampamento di zingari. Da lontano dà l’impressione di un rustico paesetto. Invece è Roma, fa parte della capitale.
Rosina Traini, altro personaggio da romanzo. Vive in una baracchetta in muratura che s’è costruita con le sue mani: un buco, una cella di Regina Coeli al paragone diventa una sala spaziosa. Rosina è mezza donna e mezzo uomo: non sa neanche lei cos’è, nè se la prende. Ci sono problemi ben più gravi del sesso. La fame, per esempio. Rosina, vedova e madre di due gemelli (Pierantonio e Pierantonia, di 3 anni), fa il carpentiere, è vero, ma il suo è un lavoro saltuario che le rende pochissimo. «Se non fosse per i vicini sarei da un bel pezzo al sanatorio!» mi conferma.
E’ sconcertante questa singolare Rosina: non sai renderti conto se hai a che fare con un uomo o con una donna. Generalmente veste con abiti maschili che indossa però con civetteria tutta femminile. La sua forza (quando non è debilitata dai digiuni) ha del portentoso. Una volta ridusse a mal partito sette ubriachi in un’osteria; un’altra volta spantanò una «1100» con quattro persone a bordo.
E’ stata fortunata Rosina: il bussolotto non l’ha tradita, il fatto è però che, poveretta, non può permettersi il lusso di pagare 12 mila lire al mese di pigione, per cui… dovrà rinunciarci.
«Quel povero Amerigo Croce mi fa una gran pena — mi ha detto — è un vero e proprio martire della società. Come me. Come chissà quanti altri!». Ha la voce di un ragazzo che abbia fumato troppo Rosina: una vocetta tutta particolare, in falsetto, mezzo e mezzo.
«Io gliel’ho detto a quei signori di via De Lollis — prosegue accendendosi una sigaretta. — Considerato che io i soldi per la pigione non saprei proprio dove pigliarli, la casa che mi spetta datela a Croce! Sapete che m’hanno risposto? Niente da fare: se la vuoi, bene, se no tanti saluti, ce la riprendiamo! Che volete, hanno sempre ragione loro…»
«E’ vero — le ho chiesto — che avete intenzione di emigrare in Inghilterra?».
Ha scosso il capo: «Non è possibile per via dei bambini. Dovrei rinunciare ai miei piccoli… E voi capite, sono pur sempre una madre, sesso o non sesso!».
«Ed è vero che volete farvi operare e diventare uomo?». Ha sorriso. «Mi piacerebbe — ha risposto — ma non se ne farà nulla. Sempre per i bambini. Voi capite… sarebbe un bel colpo per loro, dovermi chiamare papà!».
Le ho chiesto, a questo punto, se fosse realmente forte come un toro. «Be’ non esageriamo — ha ribattuto compiaciuta — a stomaco pieno sono forte, questo si. Ma la volete sapere una cosa stranissima? Quando vesto da donna mi sento debole e ho paura perfino delle mosche che volano. Quando vesto da uomo, invece, mi sento pugilatore e non indietreggerei dinanzi ad un reggimento di nemici! ».
Anche la forza, evidentemente, è un fattore psicologico. Prima di andarmene l’ho pregata di mostrarmi come disarmò Amerigo Croce. Rosina non si è fatta pregare: mi ha messo nelle mani un coltello e con una mossa rapida, precisa, implacabile, mi ha steso a terra. Fortuna che è… una donna!
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