1976, Laura [Di Nola ?] – Fuori-donna polemico

Laura [Di Nola ?], “Fuori-donna polemico”, Effe, maggio 1978

Tratto da http://efferivistafemminista.it/2014/12/fuori-donna-polemico/

Fuori-donna polemico

A Torino si è tenuto, dal 23 ai 25 aprile il II Congresso del fuori-donna. Di nuovo si è parlato delle difficoltà che esistono tra le compagne femministe e le compagne omosessuali del fuori…

All’insegna della polemica il 2° Congresso del Fuori-donna che si è tenuto a Torino dal 23 al 25 aprile. «Le lesbiche si sono riunite in un localaccio in via Garibaldi, strada nota alle spose torinesi, per le sue chiese, le dieci grandi boutiques specializzate in abiti da sposa» scrive una giornalista del Giorno, in vena di folklore, ed accusa le donne omosessuali di soffrire un po’ la mania di persecuzione, e di accreditare alla società i loro problemi. Il resto della stampa ha fatto il punto sull’emarginazione e la criminalizzazione, alle quali tuttora sono sottoposte le lesbiche, colpevoli di aver rotto del tutto il tabù di sudditanza nei riguardi del maschio ed ha anche accennato alle lotte di liberazione sessuale che il Fuori-donna tende a portare all’esterno, rompendo il concetto di «normalità» e il concetto di «ruolo».

In realtà il convegno ha avuto anche punte polemiche verso le compagne femministe, con le quali ancora non si è trovata una maniera di lavorare insieme. In una lettera indirizzata alle femministe, una delle aderenti al Fuori-donna scrive: «È ormai innegabile che nel movimento femminista ed in una percentuale anche abbastanza alta, si pratichi il lesbismo. Ma sarebbe ora di chiedersi cosa fame di questo lesbismo e cioè se esso è un momento di lotta o un elemento stabile che fa parte del separatismo e di una sfiducia anche futura nel rapporto con l’uomo, o non sia pure l’espressione dì una polisessualità finora inibita.

Se la terza ipotesi fosse valida — continua la lettera — allora non ci, si è domandato abbastanza perché la polisessualità viene castrata e perché il potere ha creato oppressioni sessuali di ogni genere, e rivolte ad ogni individuo, anche se soprattutto alle donne.

È vero che il femminismo ha già risposto in alcuni suoi discorsi iniziali dicendo che l’oppressione serve alla creazione di maschi ambiziosi, competitivi, aggressivi, e di donne servili e strumentalizzabili, di .persone necessarie alla continuazione di questa società patriarcale e violenta, che da più potere agli uomini, ma castra in parte anche loro con l’imposizione di stereotipi e modelli. Ora mi domando se le femministe stanno agendo in conseguenza delle loro premesse teoriche. Io personalmente — prosegue l’autrice della lettera — non voglio avere una visione pessimistica ad oltranza, che mi faceva arrivare ad un separatismo perenne e dogmatico, ma nemmeno credo alle isole felici dove esistono solo donne liberate in una società oppressiva maschile, che ripropone sempre gli stessi ruoli, o dei ruoli appena mistificati. E se qualche uomo — e non fra i compagni, ma fra gli omosessuali — è cosciente delle castrazioni alle quali per un po’ di potere ci si sottopone — pur differenziandoci da lui io penso ci possano essere dei momenti di lotta comune, al di là della quale sarà ben difficile cambiare in maniera rivoluzionaria la società, e questo mi sembra un problema che dovrà porsi in futuro il movimento delle donne».

C’è quindi nelle associazioni delle lesbiche dichiarate un’apparente contraddizione; se esse son quelle che più si distaccano dal maschio, non disdegnano di avere delle attività, insieme ad un certo tipo di uomo che esse considerano rivoluzionario, pur senza identificarsi in alcuna maniera con esso, tenendo presente il proprio specifico, ma sentendo che la «rivoluzione» va allargata il più possibile, se non si vuole che essa sia sopraffatta in un prossimo futuro.

Su questo punto le femministe sono discordi, e le compagne del Fuori-donna si sentono isolate. «Isolate dal giudizio di criminalizzazione che proietta su di noi la società — spiega Carla — ma anche dal movimento femminista, Io credo che le femministe ancora risentano di questa criminalizzazione e che preferiscano avere all’esterno l’etichetta di femministe, anziché quella di lesbiche. Per questo, e non solo per un separatismo portato alle estreme conseguenze, esse non vengono alle nostre manifestazioni. In effetti alle manifestazioni studentesche — sebbene la questione sia dibattuta — le femministe partecipano, ma non a quelle del Fuori-donna dove non mettono piede. Noi invece vorremmo fare qualcosa con le altre donne»; «Se non sarà possibile trovare un accordo subito con le altre donne — prosegue Ada — io spero che in futuro, questa nostra polemica, possa essere motivo di discussione e servite per un punto d’incontro, anche perché le lotte che conduciamo hanno dei fini, evidentemente comuni».