Laura Aveta, 1981. “Il cartello dice solo: Vietato l’ingresso agli uomini”, Quotidiano Donna, anno IV, n. 4, 6 marzo 1981, p. 16 [lesbismo].
Il cartello dice solo: “Vietato l’ingresso agli uomini”
Pensando al tempo libero mi sono venuti in mente subito i bar delle donne. Vi ho passato molte serate piacevoli e tranquille, buona musica di sottofondo, i saluti cordiali delle amiche che arrivano, le “chiacchiere” importanti delle donne.
Non sto descrivendo le zone franche del femminismo imperante: intanto ho avuto mille timori ad entrare: che non ci fosse nessuno, che dovessi restare come un baccalà in un angolo, che una lesbica assatanata mi saltasse addosso e chissà quante altre oscure minacce. Poi no… poi mi sono sempre trovata circondata da facce amiche, nessuna mi ha aggredita brutalmente, nessuna mi ha soppesata con occhiate classificatorie, mi sono sentita decisamente a mio agio. Però, però… sto parlando di altri paesi, sto parlando di Fly by night a Toronto dove avevo tante amiche, del Saarein ad Amsterdam dove tutto è bruno e accogliente, del Blocksberg a Berlino dove si parla sottovoce e si può mangiare l’insalata di Lilith o il riso Isola di Femo.
Quindi sarebbe una buona idea parlare dei bar delle donne in Italia. Ci sono? Dove e come sono? Telefono quindi a Torino, alle compagne di «Disco Donna», a Bologna dove è stato inaugurato un nuovo posto di donne, faccio un giro per Milano per vedere che aria tira… macché!
Ecco la prima obiezione: perché i bar delle donne nella pagina lesbismo? Ed è vero, infatti, sono posti dedicati a tutte le donne e non c’è un’etichetta. Ma, penso, forse che le lesbiche sono donne con tre occhi e quattro zampe? Lesbica o no, una donna che va nei «bar delle donne» mi sembra soprattutto una che rifiuta lo schema eterosessuale dell’osteria «simpatica e compagna» dove i maschietti sono sempre la maggioranza.
Ecco quindi che i bar delle donne sulla pagina del lesbismo per me significano almeno una serata di sano separatismo. Ma sono cosciente che, per le donne che gestiscono questi bar, probabilmente non è solo una serata ma molte serate, forse tutte. Quindi loro hanno scelto, hanno deciso: vorrei che fosse loro riconosciuto questo coraggio.
Ed ora la seconda obiezione: i bar delle donne in Italia hanno vita breve perché fallimentari a livello economico. Questo è il caso soprattutto ad esempio della Tregenda (a Bologna, tanti anni fa, un posto bellissimo ma troppo ideologico: nessuno ahimè aveva pensato che ci volessero dei conti in attivo!). Nel caso del bar Lume (negli infiniti cortili del Col di lana a Milano). Nel caso del Pin up (di nuovo a Milano due anni fa, discoteca e rock, posto lussuoso, troppo poco ideologico).
Ma non è vero in generale: ci vuole quel poco di libertà per decidere di passare una serata solo con le altre donne, ci vuole quel poco di fantasia per immaginare degli spazi nostri e viverli.
Laura Aveta
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