1981, redazione Effe – Mamma amo una donna

“mamma amo una donna”

Qual è l’atteggiamento nei confronti del lesbismo? A una domanda, risultata imbarazzante, rispondono alcune donne note e non, rivelando atteggiamenti sufficientemente indicativi…

Effe, marzo 1981, pp.

Abbiamo posto ad un certo numero di madri la domanda: «Cosa proveresti, quale atteggiamento assumeresti se tua figlia ti dicesse: “Mamma mi sono innamorata di una donna”». Possiamo dire ohe le risposte ottenute sono assimilabili sotto due diverse ed opposte specie: a) considerare la possibile scelta della figlia «un fatto da fantascienza» una conseguenza di delusioni, amarezze e traumi ricevuti dal rapporto con il sesso opposto uno sbaglio, un errore nell’educazione impartita; b) il considerare questa ipotetica scelta un modo come un altro di vivere la propria sessualità, il proprio rapporto di coppia; una scelta certo più difficile e spinosa di quella «garantita» e socialmente convenzionale dell’eterosessualità, ma non per questo meno valida, né per questo oggetto di dramma.
E’ abbastanza evidente che questa piccolissima indagine non può assolutamente avere il valore di un’inchiesta, né le si può attribuire un valore significante per i risultati ottenuti. Le risposte possono tuttavia essere indicative per quanto riguarda gli atteggiamenti «le ipotesi di comportamento che verrebbero assunti nella circostanza specifica.
Alcuni dati emergono tuttavia in modo costante da queste risposte, e su questi vorremmo soffermarci brevemente.
Il ricorrere, innanzitutto, del termine «normale», quasi a sottintendere l’«anormalità» di una scelta omosessuale, spia di una non ancora superata concezione «cattolica» e «istituzionale» dell’amore e della sessualità. Di conseguenza la ricerca dei motivi di una simile scelta, il tentativo di capire i «traumi», le «esperienze negative», gli «esempi sbagliati» che la possano aver condizionata; quasi il senso di colpa da parte di alcune madri di non aver offerto alla propria figlia il giusto esempio o di aver trasmesso un’idea in qualche modo falsata e negativa dell’eterosessualità. E ancora, molte identificano la scelta della figlia con la rinuncia alla maternità, una rinuncia che appare al tempo stesso drammatica per l’una e per l’altra che non avrà nipoti. In questo senso appare evidente, intanto, il persistere di un’immagine di donna legata al ruolo di madre (e di nonna). Ma soprattutto affiora nelle risposte una scarsa conoscenza dei meccanismi psicologici e fisici che sottendono una scelta omosessuale, quasi che quest’ultima impedisca eventuali rapporti eterosessuali e conseguenti maternità per quante la desiderassero in modo tanto intenso. Appare in ogni caso evidente la ancora scarsa diffusione di informazioni su quelli che sono attualmente i metodi e i tempi dell’inseminazione artificiale. C’è infine comunque la paura, il terrore quasi, di perdere la figlia ed è solo di fronte a questa eventualità ipotetica che ciascuna madre supererebbe il proprio «rifiuto», la «ripugnanza», lo «schifo». Ma ciò che appare, senza ombra di dubbio, stando alla maggior parte delle risposte ottenute, è che il lesbismo è ancora lontano dall’essere considerato una scelta «felice», un modo diverso ma ipoteticamente più completo di vivere un rapporto d’amore. Una scelta semmai da accettare; solo in pochissimi casi da condividere, e comunque mai da augurare alla propria figlia.

ANNA MARIA MORI
Giornalista
Innanzi tutto mi auguro che davvero lei me lo dica, sarà già un punto d’arrivo: parlando, molte cose si smitizzano. Io credo che la tappa omosessuale sia obbligatoria nell’adolescenza, una fase, un momento che passa. In un primo momento, la domanda mi ha creato come un tremore interno, un colpo al cuore, paura; poi ho pensato che le stesse sensazioni le proverei per l’altro mio figlio maschio. Io spero, voglio che i miei figli siano felici, quindi la mia paura è che loro compiano una scelta che essendo in qualche modo in contraddizione con i valori correnti, sia occasione di infelicità: la mia vera paura è che possano essere infelici. E, per quel che mi risulta, credo che in questo caso siano proprio le femmine a soffrirne di più: le donne vivono con molta angoscia la propria omosessualità. In ogni caso accetterei questa situazione, non sarei certo io a scegliere di non essere l’interlocutrice di mia figlia.

ANNA LUCCHETTI
Commerciante
Certo mi dispiacerebbe perché vorrei che si formasse una famiglia come la mia. Penso che cercherei di parlarle e di capire il perché di una scelta del genere. Mi dispiacerebbe per me stessa e per lei perché vorrei che facesse le mie stesse scelte tuttavia cercherei di starle vicino senza mai usarle nessun tipo di violenza. Non mi interessa il giudizio degli altri, ma la sua felicità. Come madre, certo, vorrei che non accadesse, ma poiché può succedere di tutto…

LUCIANA CASTELLINA
Politica
Non ne sarei contenta perché mi piacerebbe che avesse dei figli e penso che non sarebbe per lei una scelta felice poiché costituirebbe una rinuncia alla maternità. Inoltre penso che sia sempre più facile una scelta socialmente approvata, benché questo non significhi che si debbano compiere unicamente scelte convenzionali. Probabilmente la sentirei lontana perché è un tipo di scelta che a me non sarebbe mai venuta in mente proprio per una mia formazione culturale diversa per ragioni generazionali. Non la riterrei comunque una scelta scandalosa.

MARCELLA CRISARI
Casalinga
Oh Dio! Proverei una grande delusione, un grande dispiacere, perché ho sempre avuto fiducia in mia figlia. Io, alla mia età e con l’educazione che ho certe cose non le ammetto, e penserei subito che è «peccato». Cercherei di far ragionare mia figlia ma non la caccerei mai di casa. Per me sarebbe una cosa fuori del normale: tra due donne ammetto un rapporto d’amicizia anche affettuoso ma ho ribrezzo se penso ad un rapporto sessuale tra loro, lo trovo ripugnante, non so perché, credo che dipenda dall’istinto. Parlerei con il padre ma non vorrei mai perderla anche se sarei preoccupata per il giudizio della gente.

NICOLETTA ORSOMANDO
Presentatrice
Devo essere sincera, in queste cose sono della massima libertà. Se mia figlia mi dovesse fare una simile confidenza, cercherei di capire i motivi di questo innamoramento poiché penso che ce ne dovrebbero essere; ho una figlia talmente normale che in un certo senso mi stupirebbe. Comunque penso che aspetterei, un po’ come i cinesi. Io sono una persona emotiva ma nelle cose molto importanti della mia vita sono sempre stata estremamente razionale e quindi penso che anche in questo caso ritroverei la mia razionalità. Per quanto riguarda il giudizio degli altri non ne terrei assolutamente conto. Il mio modo di concepire la coppia è quello eterosessuale, ma ritengo che ne possano esistere anche altri diversi tipi, benché in questo senso mi riferisca più a coppie maschili che non femminili.

TERESA GRAZIANO
Cassiera
Proverei un grosso sgomento e la farei visitare immediatamente da un endocrinologo e/o da uno psicologo. Indubbiamente non ricorrerei alla violenza, né la caccerei di casa perché penso che avrebbe bisogno del mio aiuto. Penso che sarebbe comunque infelice perché soffrirebbe delle critiche altrui e penso anche che sarebbe «peccato» per la religione. Mi rivolgerei subito al padre che la pensa esattamente come me. Posso concepire un’amicizia forte e sentimentale ma proverei un senso di schifo per il rapporto sessuale omosessuale. Se il rapporto si dovesse stabilizzare, cercherei ugualmente di avere contatti con mia figlia, ma molto a malincuore e sarei contraria al fatto che adottassero dei figli perché riterrei questa coppia quasi maledetta da Dio. Mia figlia comunque è già fidanzata con un maschio…!

PAOLA PITAGORA
Attrice
Io penso che in questi casi il proprio atteggiamento derivi in fondo dall’esperienza che ognuno ha maturato nella propria vita. Tralasciando il senso di colpa che in questa circostanza proveremmo per cultura, penso che cercherei di capire dove ho sbagliato nel rapporto con l’uomo per darle una visione dell’eterosessualità tale da indurla ad una scelta tanto diversa (questo partendo dal presupposto, forse banale, che sono dalla parte della «natura», la penetrazione può essere bellissima). Per quella che è la mia esperienza indiretta non immagino una cosa molto armoniosa ed equilibrata, alla Hamilthon diciamo, ma un rapporto nevrotico ricco di tensioni, di morbosità, dove troppo spesso si ricreano i ruoli maschili e femminili, ma in modo molto più esasperato. Di conseguenza è una cosa che non augurerei mai a mia figlia. Penso che in ogni caso ne rimarrei sconcertata e tenterei di farle cambiare idea con ogni mezzo, compreso il «viaggio all’estero delle signorine fine ottocento».

DORA FERRO
Collaboratrice domestica
Mi dispiacerebbe. Se ci fosse nata allora mi rivolgerei ad un dottore. Cercherei in ogni caso di impedirlo, ma non con la forza perché credo che sarebbe peggio, ma parlandole. Proverei a convincerla a parole che con un uomo c’è più soddisfazione sessuale. Se se ne dovesse andare con l’altra mi dispiacerebbe perché ho sempre sperato che si formasse una famiglia con dei figli e penso anche che se decidesse di adottarne, i figli subirebbero traumi psicologici data la situazione. Mi vergognerei di fronte alla gente, mentre penso che mia figlia non terrebbe conto del giudizio degli altri. In ogni caso non troncherei mai i rapporti con lei e se la cosa dovesse andare avanti nonostante tutto, cercherei di convincere il padre pur di non perderla del tutto.

SOFIA SCANDURRA
Regista
Cercherei di capire il tipo di donna di cui si è innamorata, cercherei di capire il tipo di ruoli che si creano all’interno del loro rapporto: se in questo rapporto i ruoli dovessero essere quelli tradizionali in cui uno fa il maschio e l’altro la femmina, non lo condividerei affatto; se il loro rapporto fosse paritario, allora accetterei la sua scelta. E’ che purtroppo in queste situazioni il rapporto non è mai paritario: allora sì, cercherei di togliergliela dalla mente, così come per un uomo sbagliato, lotterei. Non mi fa paura il giudizio degli altri, l’importante è che lei sia veramente convinta di quello che fa e farei di tutto affinché non soffrisse per il giudizio degli altri: poiché il mondo esterno è difficile da cambiare, cercherei di mutare i motivi interiori della sua sofferenza. Non vale la pena di soffrire per i giudizi della gente.

MARIA GRAZIA CARLETTI
Impiegata
In questo momento mi sembrerebbe una cosa da fantascienza. Non credo che lo considererei un fatto positivo, ma poiché penso che ogni fatto umano ha dietro di sé delle motivazioni, cercherei di capire quali siano i motivi di una scelta simile. Certo, l’impatto sarebbe traumatico. Tutta l’educazione che cerco di dare a mia figlia è indirizzata verso l’amore per l’altro sesso, soprattutto per quanto riguarda la «coppia». Non mi pongo tanto il problema rispetto a me e alla mia vita, ma a lei, alla sua vita che sarebbe distrutta. Mi chiederei poi in cosa ho sbagliato io o la società nella quale ha vissuto, ne cercherei il perché nel tentativo di dissuaderla da una simile scelta. Certo, pur di non perderla accetterei qualsiasi situazione, ma comunque sempre dopo aver fatto ogni sforzo per tentare di farle cambiare idea.

M. MALAGODI TOGLIATTI
Psichiatra
La cosa è un po’ buffa. Mia figlia è oggi in una fase in cui per tradizione il rapporto più significativo è quello con «l’amica del cuore» e questo è fondamentale per la crescita, rappresenta cioè una figura d’appoggio molto importante. Oggi di questo momento si ha, se vuoi, un’immagine «maschilista» perché viene forzatamente sessualizzato. Se invece questo accadesse in una età diversa, cercherei di capire se questa scelta le crea dei problemi e se è stata condizionata da qualcuno nel farla. Mi chiederei poi, quali esperienze negative ha fatto per fare una simile scelta. L’eterosessualità è una scelta più facile, fisiologicamente e psicologicamente più logica, dunque ci dovrebbero essere dei motivi per scegliere una cosa tanto più complessa e difficile, a meno che non ci siano situazioni fisiologiche che la condizionino, ma entreremmo in tutt’altro ordine di problemi. Preferirei discuterne in ogni caso.

MARIA RENZI
Commessa
Veramente non mi sono mai posta il problema, ma penso che mi dispiacerebbe molto. Comunque in questo senso vedo più un rapporto tra uomini che non tra donne. In ogni caso penso che così ci si nasca, poi vi si aggiungono le occasioni della vita. Cercherei di parlare con mia figlia e di dissuaderla, rivolgendomi anche ad un dottore o ad una persona competente che possa consigliarla, ma certo non la caccerei di casa. Ne parlerei con mio marito e tenterei di impedirle questa scelta soprattutto se accadesse quando ancora non fosse maggiorenne. L’idea in sé mi fa schifo, ma non mi preoccuperei dell’opinione altrui. Mi dispiacerebbe in ogni caso, anche se lei fosse felice, perché comunque sarebbe per me una rinuncia ad avere nipoti. E poi non ci credo in ogni caso alla sua felicità: solo con un uomo potrebbe essere veramente felice.

GIOVANNA MARINI
Cantante – Compositrice
Proverei un grande smarrimento e penserei subito che a vent’anni è successo anche a me e quindi mi tranquillizzerei. Poi sentirei una grande invidia perché lei riesce a dirlo a se stessa, agli altri e a me; infine penserei «addio! addio nipoti…!» e quindi spererei in una scelta non definitiva. Avrei paura perché vorrei che fosse felice, con chiunque scegliesse, anche con una donna. Oggi come oggi non mi creerebbe dei problemi, le altre madri mi sembra che drammatizzino troppo. Io vivo moltissimo gli stati d’animo di mia figlia, cerco di non ostacolare mai la sua felicità e dunque tanto meno se le sue scelte dovessero essere quelle nei confronti di una donna, poi caso mai mi si creerebbero dei problemi, problemi miei dico, ma ora non saprei.

EUGENIA SERINI
Insegnante
A livello emotivo ne rimarrei esterrefatta, ma non per la cosa in sé. Mi spaventerei per tutte le difficoltà cui andrebbe incontro facendo una scelta diciamo non «normale» rispetto alla società. Io vorrei che avesse un compagno, una famiglia, dei figli, perché così ho impostato la mia vita e così vorrei per lei, poiché penso che questo tipo di scelta non le creerebbe né traumi, né drammi. Più che dissuaderla comunque cercherei di capirla, semmai tenterei di darle un quadro delle difficoltà cui andrebbe incontro. Ma la cosa più importante per me sarebbe che lei continuasse sempre a sentirmi vicina, la di là delle mie idee. Non vorrei che si sentisse condannata da me. Deve sapere di poter contare sul mio aiuto. Non mi sentirei mai di farle da giudice né vorrei rischiare di perderla. Penso comunque che il vero dramma sia quando una persona non accetta se stessa: il problema non è tanto il tipo di scelta che si fa, purché nel farla ci sia sempre, una profonda stima e accettazione di sé.

MIRIAM MAFAI
Giornalista
Non è una domanda facile. E’ come la domanda che circolava una .volta negli ambienti democratici: «Cosa faresti se tua figlia si innamorasse di un negro?». Da una parte c’è la componente razionale per cui rispondi: «Beh! Cosa c’è di male?», dall’altra quella per cui, nel più profondo, pensi: «Vorrei tanto che si innamorasse di un giovane alto, bello e biondo!».