Nerina Milletti, 1994. “Una principessa poco prudente”, Quir: mensile fiorentino di cultura e vita lesbica e gay, e non solo, n. 10, pp. 20-23.
Ripubblicato online diverse volte a partire da le Pagine Lesbiche, tratta di Marie Letizia Wyse Bonaparte, coniugata tre volte: de Solms, Rattazzi e de Rute
Marie Letizia Studolmina Wyse Bonaparte nacque in Irlanda nel 1833, figlia di Thomas Wyse e di Laetitia Bonaparte ed era quindi nipote di Luciano, fratello di Napoleone I. Si sposò tre volte, diventando successivamente: principessa de Solms, contessa Rattazzi (dal 1861 fino alla morte dello statista italiano avvenuta nel 1873) e marchesa de Rute. A Parigi abitava in Boulevard Poissonniere 23, ma aveva un palazzo anche a Madrid e ad Aix-les- Bains, dove dirigeva la rivista internazionale Matinées Espagnoles. Muore a Parigi nel 1902.
Nel Catalogo della Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze sono presenti ben 23 schede catalografiche a suo nome. I suoi scritti comprendono studi storici, parodie, pezzi teatrali, biografie, traduzioni dal portoghese in francese, ed altri difficilmente classificabili dal titolo, in un arco di tempo di oltre cinquant’anni, dal 1854 al 1902. Quelli di Urbano Rattazzi, principalmente discorsi tenuti in parlamento, sono invece appena una dozzina. Era quindi una donna molto colta, che viaggiava, frequentava ambienti aristocratici e circoli intellettuali e politici, e che parlava perfettamente almeno cinque lingue.
Il processo che da origine allo scandalo degli “amori e le gelosie morbose di questa gentildonna quasi settantenne [in realtà aveva solo 58 anni] con una donna giovane a meno di trent’anni”, e che rese di dominio pubblico la vita privata di Maria nonostante il suo rango ed i suoi illustri mariti, fu celebrato ad Angoulême nel dicembre 1891. L’accusato è il barone Bouly de Lesdain, che nell’aprile dello stesso anno aveva sparato alla moglie Carlotta e a Regis Delbeuf, segretario di redazione delle “Matinées Espagnoles”, ferendoli lievemente. Il problema era stabilire se Bouly de Lesdain avesse agito per gelosia, sentendosi oltraggiato dal Delbeuf, oppure premeditatamente e su ordine della principessa.
Charlotte Mortier Bouly de Lesdain viene descritta dai giornali come cameriera, dama di compagnia che seguiva ovunque la Rattazzi, e sua segretaria, “collo stipendio di cento franchi al mese, oltre l’alloggio, la tavola, il vestiario e l’amicizia intima della principessa, che non poteva più vivere senza di lei”; una “figurina magro-bionda, dai grandi occhi chiari e profondi, dal fare disdegnoso, che portava sempre, con una marcata preferenza, la prima tazza di the alla sua padrona”, tanto che le malelingue mormorarono subito delle mezze parole. “Donna romantica e bizzarra, già sulla trentina”, al processo “ha aria distinta, porta una veste nera, ha una piccola traccia di ferita alla guancia”.
All’età di 23 anni Charlotte, “squilibrata, isterica, ma dotata d’una coltura non comune e d’una intelligenza superiore” fu affidata dal padre morente alla principessa (che allora aveva già più di 50 anni). Ma “l’affetto della Charlotte per la sua padrona, e più ancora di questa per quella, rivestirebbe un carattere ben più intimo e immorale di quello che esiste d’abitudine tra una signora e la sua dama di compagnia”, infatti
“in breve spazio di tempo, Carlotta divenne l’amica intima, la compagna inseparabile, l’uomo d’affari, il “factotum” della principessa, la quale non sapeva staccarsene nemmeno la notte e non le permetteva di dormire altrove che nel suo letto… Quando le due amiche che, malgrado il sesso e la disparità d’età, vivevano come due amanti, non andavano d’accordo… la principessa richiamava all’ordine Carlotta con degli argomenti… accompagnati da frustate e da schiaffi”, e “talvolta le faceva sentire la sua affezione in modo troppo vivo, strapazzandola e castigandola al punto da romperle un dente con un pugno veramente principesco”.
La sua devozione alla principessa era “immensa, furiosa, servile”; salvò due volte la vita ad una delle figlie della principessa, che sprezzantemente la chiamava Gabriella Bompard [l’abietta amante di Eyraud] e che, in un momento in cui i loro rapporti non erano propriamente ottimi, la descrive così: “Non si rendeva conto delle sue azioni, fossero buone o cattive. Era un’isterica, ecco tutto… Carlotta riuniva in se stessa tutte le contraddizioni. Perfida era coraggiosa, astuta era credula, coraggiosa era vile, damigella era serva,… perversa era fedele, spiritosa era stupida,… era brutta e sembrava bella!… Carlotta… era nata mezzana!”
Per salvare le apparenze nel 1886 fu trovato un marito di comodo, che Carlotta, che pare fosse chiamata anche ‘monsieur Charlotte’, sposò col patto che questi rimanesse lontano “per non disturbare la segretaria delle ‘Matinées Espagnoles’ nelle sue delicate occupazioni”. Ogni tanto però il signor Bouly de Lesdain andava a trovare la moglie ‘in partibus’, e nacquero due figli, che però vissero solo pochi mesi. Madama Rattazzi parlando di lui lo chiamava ‘jupillon’ [‘mantenuto’?], ed avrebbe fatto attaccare sul portone la scritta: “Defense de laisser monter monsieur Bouly de Lesdain”. La principessa (“cette femme de moeurs deplorables”) era però gelosa anche del brutto e brutale Delbeuf, così tentò di far assassinare lui (il presunto amante) e Carlotta dal marito di questa, avvertendo Bouly di una tresca tra i due, e mandandogli un biglietto di ferrovia, un revolver e cinquanta franchi.
O almeno questa è la spiegazione che fu data dei fatti (anche se alla fine Bouly de Lesdain sarà assolto), perché sembra che la Rattazzi avesse minacciato di morte Carlotta in caso di infedeltà e le avesse fatto scrivere in un biglietto “che se la avessero trovata morta, non accusassero nessuno, giacchÈ sarebbe stato certo un suicidio”. Ovviamente la principessa non si presenta al processo, ma l’attesa del pubblico, formato anche da molte signore, è grande. Testimoni sono domestici licenziati e vendicativi, tra i quali una cameriera che depone che le due donne dormivano insieme ed il fratello della De Rute, il principe Napoleone Buonaparte Wise, un vecchietto dall’accento inglese che cerca di scagionare la sorella.
Tutta questa publicità fu dovuta alla pubblicazione di alcune lettere inviate dalla principessa a Carlotta, fornite ai giornali da non si sa chi. Così “non si tratterebbe più delle solite insinuazioni, ma di fatti provati e confessati dagli stessi scritti della De Rute”; e “lo stile di questa corrispondenza È la prova dell’affezione tenera ma violenta e fantastica che la signora De Rute nutriva per la Carlotta”.
Scipio Sighele nel 1892 fu il primo a trattare questo caso dal punto di vista medico, tacendo ovviamente il nome della protagonista, che ho potuto rintracciare solo dai quotidiani. E’ l’unico a trascrivere in italiano una delle famose lettere, nelle quali Lombroso nota che “è evidente la fusione del pensiero di sangue con quello della lascivia”, e non che che Maria ama Carlotta disperatamente:
“Ti scrivo invece di riposarmi, ingrata; ah! quanto ti amerei se tu non potessi vedere che me nell’orizzonte della tua vita, tutta mia, esclusivamente mia, con Messalina e Nanà[1] per sole amiche! Ciò era troppo, senza dubbio! E ti tengo il broncio birichina, più per le mie illusioni perdute che per tutto il resto. Perché non hai mai voluto comprendere che io ero la più sciocca delle donne di spirito, e che la mia più grande seduzione forse, ti confido il mio segreto, è la mia sublime scempiaggine!
E’ evidente che ho sperato molte cose che spesso devono averti fatto ridere. Niun dubbio, anche, che io le abbia sinceramente credute e che tu devi averne ben riso. Ma, birichina, io ti amo. Questa parola riassume tutta la mia lettera, tutte le mie idee. Io ti ucciderò , senza dubbio: io ti martirizzerò, è probabile; io ti sventrerò forse in un momento di collera. Ma io ti amo, tutto è detto. Maria.”
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NOTE:
[1] Messalina e Nanà per Sighele sarebbero i nomi dei suoi piedi; la parola francese “voyou” è stata tradotta con “birichina”.
BIBLIOGRAFIA:
– Corriere della sera, 18/19 dicembre 1891, pp.1-2; 19/20 dicembre p. 3
– Gazzetta piemontese, 18/19 dicembre 1891, p.2; 19 dic. p. 3; pp. 3-4; 20/21 dicembre 1891 p. 1-2; 21 dicembre 1891, p. 2.
– Sighele Scipio, 1892. “La coppia criminale. Capitolo IV: continuazione e fine”, Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell’uomo alienato e delinquente, n.13(6), 1891, pp. 505-542. Questo capitolo compare identico nel suo libro La coppia criminale: psicologia degli amori morbosi, Torino, Bocca, 1892.
– Lombroso Cesare, “Psicologia di una uxoricida tribade”, Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell’uomo alienato e delinquente, Serie II, n. 24(1/2), pp. 6-10, 1903. Cita questo caso, che pubblicherà anche nella 2a ed. de La donna delinquente, la prostituta e la donna normale del 1903.
Sempre su Maria Wyse Rattazzi va ricordato l’articolo di Enrico Oliari, “Quando la polizia spiava l’irrequieta Maria Solms Wyse Bonaparte” ancora reperibile su Webarchive allo http://web.archive.org/web/20110924234626/http://www.oliari.com/ricerche/wyse.html