Rosanna Fiocchetto, 2008. “Giovanna d’Arco. Una visionaria d’azione”
Pubblicato sul sito Fuoricampo.net è qui riprodotto come ancora reperibile allo http://web.archive.org/web/20081014100714/http://www.fuoricampo.net/Giovanna-dArco/index.html
Giovanna D’Arco: una visionaria d’azione
Giovanna d’Arco: una visionaria d’azione
Di Rosanna Fiocchetto
Giovanna d’Arco e Haiviette
Celebri amanti vissute in Gallia nell’età del ferro. “Sembra, vedete, che abbia avuto una amante / di nome Haiviette / con la quale Giovanna ha vissuto, amato, dormito / e combattuto nelle battaglie” (Robin Morgan, Monster, Grande paese, Primo continente, età della gloria).
Monique Wittig e Sande Zeig, “Brouillon pour un dictionnaire des amantes”, Grasset, Parigi 1976, pp. 140-41. Gli storici greci descrissero le Amazzoni come “disordinate e selvagge”. Giustificarono così il loro sterminio da parte degli “eroi” patriarcali, come Teseo ed Ercole, confermando questi ultimi come i fondatori di un’ordinata civilizzazione. Ma, una volta sconfitte le indisciplinate guerriere e addomesticate le donne, qualcosa del loro spirito irriducibile poteva essere riciclato per manipolarlo. Mentre la Grande Madre matriarcale venne trasformata nella subalterna Vergine Maria (una specie di incubatrice del Figlio), la figura dell’Amazzone fu arruolata sotto il controllo del “benefico” potere maschile. Marina Warner (in “Monuments & Maidens”, 1985), sostiene che “la fanciulla armata è vitalmente presente come un’anomalia nel nostro simbolismo culturale”. Da Athena a Giovanna d’Arco e a Wonder Woman, “la forza sovversiva della fanciulla armata è stata utilizzata per operare il magico dal lato del bene contro il male”, sfruttando la sua energia di combattimento e la sua capacità di fascinazione. La doppia ascia lunare viene sostituita dal simbolismo fallico della spada. E, a Giovanna, l’arco rimane solo nel nome.
|
|
Jeannette, come la chiamavano nel suo villaggio francese di Domrémy, nella regione della Lorena attraversata dalla Mosa, nasce il 6 gennaio 1412 da una madre di cinque figli devota pellegrina, Isabelle Romée, e da un padre contadino-proprietario, Jacques.
Viene al mondo nel pieno della “guerra dei Cent’anni” (1337-1453), durante l’occupazione inglese del nord della Francia. E’ la prima campagna di conquista di una potenza che in seguito svilupperà il suo colonialismo rivolgendolo contro altri paesi vicini, come l’Irlanda, o più lontani. Mentre il Delfino Carlo di Valois è confinato a Chinon, a sud della Loira, il duca di Borgogna occupa i territori centrali sostenendo le pretese inglesi con la teoria della “doppia monarchia”. La società civile è in preda al caos e alle lotte fra le opposte fazioni nobiliari, ma quella religiosa non lo è di meno: divisa tra papi e antipapi, scismatici e agnostici, cerca di imporre l’ortodossia in modo sanguinario e feroce. Da tempo circola una profezia, diffusa dalla visionaria avignonese Maria Robine: una donna, proveniente dalla Lorena, salverà la Francia dalla disfatta.
Giovanna assume questo ruolo di salvatrice. Le sue azioni sono accuratamente testimoniate dagli interrogatori e dalle deposizioni contenute nei verbali dei processi, recuperati e pubblicati a metà dell’Ottocento (la più recente edizione italiana, curata da Teresa Cremisi, è “Il processo di condanna di Giovanna d’Arco,” SE). Pochi personaggi medievali sono ben documentati come lei.
Tuttavia sappiamo pochissimo del suo corpo, del suo aspetto fisico: solo che era “alta, bella e ben formata”, come la descrive il suo intendente Jean d’Aulon. Altri particolari provengono dall’atto di accusa dell’Inquisitore: “Ti sei messa una tunica corta, un giustacuore, dei calzari alti; come se non bastasse, porti i capelli tagliati alti sulle orecchie e non è rimasto nulla sulla tua persona che riveli il sesso al quale appartieni, eccetto quello che la natura stessa ti ha conferito”. |
Statua di Jeanne d’Arc a Domrémy, |
Ha tredici anni quando comincia a sentire le sue “Voci”. La prima volta accade nel bosco, vicino a una sorgente dalle acque guaritrici e presso l’Albero delle Fate, centro del culto di Diana a Domrémy: un culto che era sopravvissuto clandestinamente durante tutto il Medioevo e oltre. Giovanna in tribunale ha (ovviamente) sempre negato di aderire a sette antagoniste alla Chiesa. Ma la sua esplicita e orgogliosa rivendicazione di un rapporto diretto con la divinità la fa apparire vicina al beghinaggio, una comunità spirituale femminile indipendente che si riteneva libera dall’obbedire alle gerarchie religiose e che era stata appena messa fuori legge.
A chi appartenevano le Voci? La prima a farsi “sentire” è quella di San Michele, l’arcangelo giudeo-cristiano che aveva ereditato le mitiche prerogative di Ermes. E’ un messaggero che scompare dopo aver “presentato” a Giovanna le sue due consigliere: Santa Caterina di Alessandria e Santa Margherita di Antiochia. Due “vergini martiri” che non esisterono mai realmente come cristiane, ma che erano forme canonizzate di antiche dee matriarcali asiatiche. |
Caterina (protettrice delle donne non sposate in Francia) continuava ad essere adorata come divinità dai Catari, gli gnostici che furono sterminati dalla Chiesa nel XV e XVI secolo, che accettavano l’omosessualità e il lesbismo.
Entrambe le sante, nella leggenda cristiana, si erano sottratte al matrimonio, avevano abbandonato le famiglie e si erano travestite da uomo (il “passing” è molto frequente tra le prime sante cristiane, da Marina a Eufrosina, Tecla, Perpetua, Liberata, Ilaria, etc.).
Infine, l’attributo di tutte le Voci di Giovanna, nell’iconografia religiosa, è una spada. |
Ispirata dalle sue consigliere, Giovanna fa voto di non sposarsi e di dedicare la sua vita alla missione di liberare la propria terra dall’occupazione anglo-burgunda. A quindici anni resiste a un matrimonio combinato dal padre e affronta un processo (il primo di una lunga serie) che le viene intentato dal pretendente respinto. Le Voci, insistenti, le ripetono che deve partire e indicano una precisa strategia: chiedere l’aiuto di Robert de Baudricourt, comandante della locale fortezza reale, per raggiungere il Delfino Carlo nella sua residenza di Chinon e condurlo a Reims per l’incoronazione, dopo aver liberato Orléans. Un progetto che Giovanna riesce a realizzare nel 1429 con stupefacente determinazione, trascinando con sè soldati e condottieri esterrefatti e galvanizzati dal suo coraggio.
Lungo la strada per Chinon riceve la sua arma, con un ritrovamento miracoloso che rievoca l’epopea della magica Excalibur di Artù: “Mandai a cercare una spada che sapevo trovarsi nella chiesa di Sainte-Catherine di Fierbois, dietro l’altare… La spada era sotto terra, tutta arrugginita, e vi erano incise cinque croci. Sono state le mie Voci a dirmi che si trovava là”. Le Voci le dettano anche la sua insegna, uno stendardo bianco ricamato di gigli. Dopo le prime folgoranti vittorie, Giovanna è decisa a concludere il suo compito. Ma il nuovo re preferisce accettare una tregua: ritira l’appoggio militare alla Pulzella cui deve la corona, e le impedisce di proseguire l’assedio di Parigi. Diventata ormai una guerrigliera irregolare, Giovanna (che lucidamente aveva confidato ai suoi compaesani: “non temo nulla, se non il tradimento”) viene catturata dai Borgognoni il 23 maggio 1430, mentre cerca di attaccare Compiègne. Per sei mesi viene trasferita da una prigione all’altra. Compie un estremo e fallito tentativo di fuga dal castello di Beaurevoir quando apprende di essere stata venduta per diecimila scudi d’oro dal Duca di Borgogna agli inglesi. Questi, per sopprimerla legalmente, la consegnano all’Inquisizione.
Durante l’intero periodo del processo, che si svolge nel castello di Rouen, viene tenuta continuamente incatenata, anche di notte. Il tribunale ecclesiastico è composto da 131 maschi e presieduto dal vescovo Pierre Cauchon: iniziato il 21 febbraio 1431, il procedimento ha il suo epilogo la mattina del 30 maggio, con il rogo. Giovanna ha diciannove anni. All’epoca della sua riabilitazione postuma, chiesta da sua madre Isabelle alla fine della guerra con gli inglesi e decretata nel 1456 da Carlo VII (ormai sovrano indiscusso della Francia), avrebbe avuto poco più di quarant’anni, e certo avrebbe potuto contare molto prima sulla scarcerazione. Ma Giovanna doveva morire, perché era la personificazione più leggendaria e amata di una ribellione che poteva essere stroncata solo con il terrorismo distruttivo del fuoco, e che andava ben al di là degli intrighi politici. L’accusa di indossare un “abito dissoluto, difforme ed immorale, contro decenza e contro natura” è infatti uno dei principali capi d’imputazione del processo, ripetuto ossessivamente dagli inquisitori: diventa il simbolo dell’insubordinazione alla Chiesa e al potere maschile. Un potere di cui Giovanna manifesta chiaramente di tenere poco conto: “Non accetto nessuna proibizione… E protesto per le catene e i ceppi che mi avete messo… Certo, è vero che volevo scappare e anche adesso lo voglio. I prigionieri hanno ben diritto di scappare”. |
Minaccia Cauchon: “Voi dite di essere il mio giudice. Io non so se voi lo siate, ma state bene attento a non giudicare male, perché in tal caso vi mettereste in un serio pericolo”. Nega ai suoi persecutori l’autorità di criminalizzare il suo abbigliamento e il suo stile di vita: “Questo abito non cambia la mia anima; indossarlo non è contro la Chiesa!… Preferisco di gran lunga vestirmi da uomo… Quanto ai lavori donneschi, mi pare che non manchino le donne che vi si dedicano”. Il suo rifiuto della delega ad ogni livello (l’ottavo articolo di accusa è: “sono sospette le tue idee sul libero arbitrio umano”) è totale e coerente: “Nessuno è responsabile delle mie parole e delle mie azioni: né il re né nessun altro; se ci sono stati degli errori, io sola ne sono responsabile”.
Il rogo di Giovanna doveva fungere da clamoroso esempio dissuasivo proprio perché, ai suoi tempi, le donne assumevano sempre di più la funzione profetica e spesso anche quella guerriera, cominciando a costituire un grosso problema per l’ordine patriarcale. Già prima di Giovanna, visionarie come Ildegarda di Bingen, Elisabetta di Schonau, Margery Kempe, Brigida di Svezia, Caterina da Siena, Maria di Avignone, Nicolette Boilet avevano unito estasi e impegno sociale. E diverse sue contemporanee, come l’avventuriera Catherine de la Rochelle (con la quale Giovanna passò due notti nello stesso letto, nella speranza – disse al processo – di sentire anche la Voce della sua “dama bianca”), si erano messe alla guida di eserciti mercenari. Le cronache parlano anche di Pieronne la Bretone, che combatté a fianco di un’altra donna per il Delfino e che venne bruciata a Parigi per la sua fedeltà a Giovanna mentre lei era in prigione. Secondo numerosi documenti, in Francia per tutto il Cinquecento le donne che si vestivano da uomo venivano bruciate vive. E vent’anni dopo l’assassinio di Giovanna si avviano i primi processi per stregoneria (uno di essi proprio in Lorena nel 1458), che aumenteranno nel XVI secolo e si moltiplicheranno soprattutto nel secolo seguente.
La Pulzella rimase un’eroina popolare, l’emblema dell’indipendenza anticolonialista, finché nel 1920 non fu canonizzata da papa Benedetto XV (sostanzialmente per comporre lo scontro fra stato e chiesa francese durante la Terza Repubblica) e trasformata in guerriera cristiana. In “Al di là di dio padre” (Editori Riuniti, Roma 1990, p.181), Mary Daly osserva: “L’infamia finale fu che dopo averla uccisa la Chiesa ne fece una santa”. E afferma che, al di là di questa strumentalizzazione, la sua “vera santità” è il “potere dell’essere che da lei traspare e che ha reso la sua vita un evento-simbolo, esprimendo la strega che brucia all’interno del nostro vero sé”. |
Giovanna riassume le figure della Dama e del Cavaliere in un momento in cui il movimento cavalleresco era degenerato in una schiera di macellai. La sua appartenenza alla “sfera dell’azione” (Warner) e il suo battagliero dinamismo si fondono con il sogno pacifista: “Prima chiedevo ai nemici se volevano fare la pace; se non volevano ero pronta a combattere…Quando si andava all’assalto, tenevo in mano il mio stendardo, per essere certa di non dover uccidere nessuno. Non ho mai ucciso nessuno, io”. E in lei coesistono personalità multiple: l’eterea, la violenta, la religiosa,l’eretica, la femminista, l’idealista, l’Amazzone.
|
La statua di Jeanne d’Arc a Saint-Maurice-Vosgez, Alsazia. |
La costruzione del mito
Subito dopo la presa di Orléans, il mito di Giovanna venne alimentato entusiasticamente dalla scrittrice Christine de Pizan (1356-1430), autrice di uno dei primi trattati femministi (“La città delle donne”, 1404), che nel 1429 le dedicò un poema in 61 strofe. Da allora in poi la figura di Giovanna ha ispirato costantemente poeti, drammaturghi (Fronton-du-Duc, Zamora, Southey, Schiller, Shaw, Pèguy, Claudel, Maeterlinck, Barbier, Anouilh, Brecht) e musicisti (Verdi, Tchaikovsky, Listz, Gounod, Honegger). Il suo personaggio divenne il cavallo di battaglia di attrici famose, come Sarah Bernardt (1890) o di danzatrici come Martha Graham (1955). Artisti oscuri o celebri (come Ingres e Rubens) hanno accumulato una sua imponente iconografia, parzialmente raccolta nel 1979 dalla mostra “Images de Jeanne d’Arc”. Oltre alle decine di migliaia di saggi storici scritti su di lei, fra cui spiccano gli studi di Jules Michelet, Thomas de Quincey, Régine Pernoud, Georges Duby, hanno avuto particolare successo le appassionate biografie di Dumas, Lamartine, Mark Twain, Anatole France, Vita Sackville-West (1936) e Marina Warner (“Joan of Arc – The Image of Female Heroism”, 1981). Inoltre, dal 1933 in poi, psicoanalisti e medici si sono occupati di analizzare e di interpretare la “sintomatologia delle Voci”.
La passion de Jeanne d’Arc di Carl T. Dreyer, 1928 |
Giovanna d’Arco al rogo di Roberto Rossellini, 1954 |
Le procès de Jeanne d’Arc di Robert Bresson, 1962 |
XXXXXXXXXX Video tratto dal film: |
XXXXXXXXXX
Video tratto dal film:
Jeanne d’Arc di Luc Besson, 1999 |
Dalla fine del secolo scorso, il più sostanzioso contributo alla costruzione del mito è venuto dal cinema, fin dalla sua nascita (“Jeanne d’Arc” di Georges Méliès, 1898, in 12 quadri). Nell’epoca del muto, Cecil B. De Mille (“Joan the woman”, 1917, con Geraldine Farrar), Marc de Gastyne (“La meravigliosa vita di Giovanna d’Arco”, 1926, con Simone Genevois) e Carl Theodor Dreyer (“La passion de Jeanne d’Arc”, 1928, con Renée Falconetti) hanno elaborato rappresentazioni diverse, anche ideologicamente. Nella fase del sonoro, il confronto tra attrice e personaggio è stato analizzato da Henry Koster (“Between Us Girls”, 1942, con Diana Barrymore) e da I. Pichel (“The Miracle of the Bells”, 1948, con Alida Valli). Nello stesso periodo, Hollywood ha lanciato con un’imponente operazione pubblicitaria “Joan of Arc” (1948) di Victor
Jeanne d’Arc di Luc Besson, 1999 |
Fleming con Ingrid Bergman: l’unica attrice che ha interpretato due volte questo ruolo “bissandolo” a teatro e con un altro film completamente diverso, “Giovanna d’Arco al rogo” (1954) di Roberto Rossellini. Negli anni Cinquanta, oltre al film di Rossellini, sono stati girati “Jeanne” (1954) di Jean Delannoy, con Michèle Morgan; “Santa Giovanna” (1956) di Otto Preminger, con Jean Seberg; “Jane B. par Agnes V.” di Agnes Varda. Nei decenni successivi, spiccano “Le procès de Jeanne d’Arc” (1962) di Robert Bresson, con Florence Delay; “Il debutto” di Gleb Panfilov (1970); “St Joan” (1977) di Steven Rumbelow, con Monica Buferd; “Jean la Pucelle: le battaglie e le prigioni” (1994) di Jacques Rivette, con Sandrine Bonnaire; “Giovanna d’Arco” (1999) di Luc Besson, con Milla Jovovic. Una versione trans, “Linda/Les e Annie Spinkle”, è stata dedicata nel 1993 “a colei che ha mostrato la via”. Un prodotto del cinema lesbico sperimentale è il cortometraggio “Dear Joan” (1999) di Stephanie Gray. Greta Garbo cercò di interpretare Giovanna durante tutta la sua carriera, senza riuscirci. Dopo aver abbandonato il cinema nel 1941, accettò di tornare a lavorare qualche anno dopo per impersonare “il ruolo della sua vita” (tratto dalla commedia di Shaw), pur essendo ormai quarantenne. Ma il progetto naufragò ancora: un’occasione mancata per l’incontro di due miti.
Testo di Rosanna Fiocchetto
Ricerca immagini e video di Luki Massa