2008, Rosanna Fiocchetto – Saghi Ghahreman: quando la poesia è lesbica e pericolosa”.

Rosanna Fiocchetto, 2008. “Saghi Ghahreman: quando la poesia è lesbica e pericolosa”.

Originariamente su Fuoricampo.net viene ripubblicato esattamente come ancora reperibile allo https://web.archive.org/web/20080705090853/http://www.fuoricampo.net/SaghiGhahreman/index.html


Saghi Ghahreman: quando la poesia è lesbica e pericolosa
di Rosanna Fiocchetto

Dopo la chiusura del giornale Shargh nell’agosto 2007, il ministro iraniano della Cultura Alireza Malekian ha dichiarato: “La ragione essenziale di questa misura è una intervista con una contro-rivoluzionaria che cerca di promuovere idee immorali”. “Rivoluzione”, in Iran, è una parola abusata: in realtà, quando la si utilizza, è la maschera di un regime integralista religioso ferocemente dedito allo sterminio di lesbiche e gay. E il “soggetto antagonista”, in questo caso, è la poeta e scrittrice Saghi Ghahreman, esule in Canada dal 1988 e “accusata” di lesbismo. Mehdi Rahmanian – direttore del quotidiano che ha pubblicato nella sua edizione di sabato 4 agosto 2007 un articolo a tutta pagina su Ghahreman, intitolato “Linguaggio femminista” – ha cercato di giustificarsi, per evitare le sanzioni del governo, affermando che il tema aveva a che fare “soltanto” con la letteratura e non con la sessualità dell’intervistata. Invano. “Shargh” (Est), foglio timidamente liberale, è stato spietatamente soppresso per la seconda volta in meno di un anno, aggiungendosi alla lista delle altre pubblicazioni riformatrici che di
Saghi Ghahreman

recente sono state oggetto di repressione nell’ambito nell’ennesima campagna di censura scatenata dal presidente dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, ed all’arresto di numerosi giornalisti e operatori dell’informazione. “L’immorale è imposto dalla cultura ai corpi”, diceva Ghahreman nella sua intervista; e la censura che l’ha colpita conferma questa lucida visione. Lo stigma che incombe come una ghigliottina su Saghi Ghahreman nella sua terra natale riguarda la visibilità lesbica, che la poeta esprime anche con la partecipazione al sito web lgbt Cheraq (Lanterna), uno degli spazi simbolici della resistenza iraniana alla criminale follia fondamentalista, e con il proprio sito www.saghi.ca, che secondo i mullah “incoraggia la depravazione”. Saghi vive e usa la sua scrittura, al di là della dimensione creativa, come strumento civile di difesa dei diritti. Anche grazie a lei, l’Iran che ama la libertà ha qualcosa in cui sperare, un barlume di luce nell’oscurantismo. E per questo motivo, dall’attuale dittatura che si macchia costantemente di crimini contro l’umanità, viene considerata “pericolosa”, una nemica da cancellare dalle pagine dei giornali e da eliminare fisicamente. I cani da guardia di Ahmadinejad l’hanno presa di mira e cercano di soffocare la sua voce indipendente, estirpandola dai media e utilizzando come rappresaglia terroristica sia la criminalizzazione sessuale che la soppressione della libertà di stampa. Il giornale conservatore “Kayhan”, encomiando l’iniziativa liberticida del governo, ha condannato Saghi per “la sua identità sessuale deviante, i suoi punti di vista dissidenti, e la sua personalità pornografica”, dipingendola come una “perversa” dirigente dell’ “organizzazione iraniana delle lesbiche”.
L’erotismo, svilito a “pornografia” nell’attacco diffamante, è una componente sostanziale della poetica di Ghahreman sia nella sua esperienza eterosessuale che in quella delle relazioni tra donne. Un fattore doppiamente trasgressivo, in una società in cui la sessualità femminile è stroncata e repressa dalla culla alla morte, e finalizzata unicamente al controllo patriarcale. In una intervista televisiva rilasciata nel maggio 2006 alla giornalista Pari Esfandiari, la scrittrice ha ammesso avere spesso temuto per la propria incolumità, ma ha anche dichiarato: “Niente avrebbe potuto fermarmi”. E ha aggiunto: “Nella nostra cultura, ciò che dicono gli altri è fondamentale. Basiamo su questo le nostre vite. Ma, dall’inizio, ho deciso di mettere da parte il problema, anche se fa ancora male. Sono stata etichettata come una ‘cattiva’ donna”. Lo stigma infatti l’ha seguita anche in Canada, dove la comunità iraniana locale, malgrado il sostegno e la solidarietà degli altri intellettuali in esilio, le ha chiarito che “non ero la benvenuta”.
Saghi, nata a Mash’had nel 1957, ha studiato letteratura all’università iraniana di Tabriz per quattro anni, sino all’inizio della cosiddetta “rivoluzione” fondamentalista. Dopo gli arresti in massa dei membri del partito Tudeh e delle esponenti dell’ organizzazione delle donne, nel 1981 abbandonò il paese trasferendosi in Turchia per sei anni, per poi spostarsi in Canada dove attualmente risiede. Aveva cominciato a scrivere da adolescente, ma soltanto durante la sua permanenza in Turchia ha “preso sul serio” la sua passione. Fortunatamente nella sua famiglia la scrittura era una tradizione; sua madre e suo fratelli erano entrambi poeti apprezzati. Questo divenne anche il suo lavoro professionale con il trasferimento in Canada, che le offri’ buone possibilità di pubblicazione. I suoi volumi di poesie più noti sono “Of Lies” (1997), “The Whore Gives Life” (1998), “That’s A/l” (2003); ad essi si sono affiancati i racconti “When You Are Lonely” (2003). Collabora a “Sepidar”, una rivista letteraria persiana di Toronto. Fotografa e dipinge, ma dichiara che la “vera necessità”, per lei, è la scrittura: “come donna, è il solo modo in cui posso far sentire la mia voce e rivendicare la mia identità”. Anche rompere tabù e sorpassare i confini tradizionali è per Saghi un atto deliberato: “è una consapevole decisione nata dall’esigenza di difendere i miei diritti come donna e come umana, per essere chi sono”.
Saghi si è sposata a 18 anni, contemporaneamente al suo impegno nell’attività politica di opposizione. Racconta che in entrambe queste esperienze ha imparato a lottare per affermarsi: “Nella nostra cultura una cosa resta particolarmente impensabile, la sessualità di una donna. La donna iraniana è assente persino nella camera da letto: la sua identità sessuale non appartiene a lei, ma a suo padre, suo marito, suo figlio, suo fratello, e agli altri membri della sua famiglia. Loro si assumono il diritto di dettare le regole su come questa parte di una donna dovrebbe funzionare. E ciò minaccia gli altri nostri raggiungimenti, perché senza questo non siamo persone complete, ci trasformiano in persone che rinunciano ai propri diritti”. Saghi si separò poi dal marito, vivendo con i suoi due figli adolescenti, ora ventenni, vicino alla sua famiglia: “I miei familiari erano veramente imbarazzati dalla situazione, ne soffrivano parecchio. Cercavano di difendermi e alla fine se ne stancarono”. Soprattutto il figlio maschio stentava a sopportare il peso di una madre ‘diversa’: “Era isolato come lo ero io. Era figlio di una madre respinta dalla comunità. La madre di cui aveva bisogno era una madre raffigurata socialmente come dedita ai suoi doveri, innocente e pura. E quando una madre si trasforma in una donna che non è più un angelo secondo i valori sociali, il figlio perde la madre. Quando una società giudica la scelta di una donna e la etichetta, questa è una pressione che viene esercitata non solo su di lei, ma sulla sua famiglia”. Pur soffrendo per la situazione, Saghi non rinunciò alla propria indipendenza: “Se avessi soffocato la mia personalità o identità, la vita sarebbe stata una prigione per me, e preferirei morire piuttosto che vivere in una prigione permanente”. L’emigrazione in Canada le ha consentito di scrivere e pubblicare senza censura, anche se in una nuova e difficile condizione di solitudine. Non se ne è pentita, e anche oggi il suo messaggio è: “Siate consapevoli della vostra forza. Cercate di sapere chi siete e poi realizzate quell’identità. Vivetela”.
Libera pensatrice e poeta dalla parte delle donne, Saghi non è caduta nella trappola di smentire o rinnegare il suo lesbismo, anche se il suo coinvolgimento attuale nella caccia alle streghe integralista si fonda proprio su questo “crimine”. E’ una “accusa” dalla quale non si sente oltraggiata e che non le interessa controbattere, perché sa bene che la posta in gioco è la sua stessa esistenza/resistenza di donna autodeterminata e ribelle alla schiavitù eterosessista, un drammatico problema comune a tutte, quale che sia la scelta sessuale.

 

Il sito personale di Saghi Ghahreman> www.saghi.ca